Mauro è un uomo sulla quarantina, riformato dall’esercito dove ha buttato al vento una brillante carriera da incursore paracadutista presso il 9′ Rgt. COL MOSCHIN di Livorno, ex guardia giurata e uomo scorta per personaggi influenti.
Un passato burrascoso, due matrimoni falliti e problemi di alcol non gli hanno reso vita facile.
Oggi è il padrone di un negozio di oggettistica e abbigliamento militare in una grande città Lombarda, è riuscito a mettersi in proprio dopo aver venduto l’anima al diavolo lavorando nei peggiori scenari di guerra mediorientali per un decennio come esperto geniere sminatore, antiterrorista con mansioni di sicurezza e scorta.
Non una vita facile e lui lo sa, troppi errori, molti sacrifici, conosce bene malinconia e rabbia.
Tiene a galla la sua attività mantenendo un profilo basso, ha scelto questo settore dopo un’attenta osservazione del territorio, è infatti l’unico rifornitore di oggettistica militare della provincia.
L’esercito ormai da anni costringe i suoi effettivi ad equipaggiarsi a proprie spese e lui facendo leva su questo si è creato una base clienti stabile.
Oltre a questo si occupa anche di soft-air e oggettistica correlata, in questo settore è diventato uno dei più grandi e forniti della provincia.
Sul lavoro è una persona irreprensibile, si occupa con zelo ed educazione della clientela e mantiene buoni i rapporti coi fornitori, lavorare duro è sempre stato il suo marchio distintivo e ogni giorno per vivere e lavorare bene cerca di far tesoro degli errori passati che così tanto hanno condizionato la sua esistenza.
E’ un uomo brizzolato che passerebbe inosservato, alto poco meno di 1.80, corporatura asciutta è tutto nervo, e si mantiene in forma con costanza, ogni sera infatti frequenta una palestra di arti marziali dove insegna krav maga. Anche quando non è al negozio Mauro lavora.
Torna a casa solo per mangiare e dormire, si capisce che la sua vita sentimentale è vuota anzi, si può dire che non ne comprende più nemmeno il concetto.
–
Carmen è una donna di 38 anni figlia di un’infanzia difficile è cresciuta tra Gorizia Trieste e quella che oggi si chiama Slovenia. Si è formata in un ambiente che ha risentito molto degli orrori della guerra e della politica e per questo ha ricevuto un’educazione molto rigida, nata in una famiglia in cui il padre Ufficiale dell’esercito Iugoslavo e la madre italiana che ha rifiutato la cittadinanza Iugoslava muoiono troppo presto in un incidente.
Resta da sola coi suoi quattro fratelli minori appena dopo aver completato gli studi, li cresce e li guida silenziosamente sulla loro strada. Non vuole sostituirsi ai compianti genitori, per questo cerca di indicare loro la via senza però condizionarli troppo.
E’ per questo una donna forte, conosce il sacrificio e ha ben presente i veri valori della vita.
A 35 anni riceve un offerta di lavoro che la costringe a spostarsi in Lombardia, lei accetta senza esitazione.
I due fratelli più grandi si sono sistemati e lei sfinita dalla situazione difficile ma soddisfatta del risultato decide di cogliere al volo l’occasione per ricominciare tutto completamente da capo.
Vuole poter pensare a se stessa per una volta, così accetta si trasferisce e in poco tempo si ambienta in Lombardia perchè è una donna che sa organizzarsi e ragionare sistematicamente ma sopratutto sa adattarsi in fretta.
La sua vita è impegnata da un lavoro stressante ma molto redditizio che le porta via dodici, tredici ore al giorno.
Quando torna a casa stanca di sera e si spoglia vede allo specchio una donna di tutto rispetto, bella e realizzata. è soddisfatta di questo, dei suoi capelli biondi portati a caschetto lungo che tocca le spalle con una frangia che ostenta una semplicità che oggi è andata perduta e una ciocca più lunga a destra, che si tuffa a scivolo davanti a lei di fianco alla sua bocca quasi a confondere le idee di chiunque la osservi.
Vedono una donna ferma, decisa e cordiale, bella, non ha bisogno di trucco Carmen, con occhi color acquamarina e capelli lisci che non sembrano aver bisogno di particolari cure per apparire quasi perfetti, con quella ciocca in più che suscita simpatia. Giusto una linea di contorno leggermente accennato agli occhi e alle labbra, accarezzate da un rossetto che altera di poco il colore naturale di esse.
Ha un bel fisico, le forme al punto giusto e un’altezza dopotutto sopra la media per i suoi 175 centimetri.
Ha sempre saputo che il suo aspetto fisico avrebbe potuto offrirle qualche privilegio in più e ha sempre sospettato che qualche agevolazione, delle poche di cui ha goduto nella sua vita, sia arrivata proprio grazie alla tacita ammirazione che solo gli occhi di un uomo sanno offrire senza neanche spostarsi dall’articolo di un giornale.
Non che abbia mai pensato di sfruttare la cosa, ha sempre lavorato onestamente e mai penserebbe di prendere una scorciatoia di questo genere, non le considera neanche le scorciatoie Carmen, non ce ne furono al funerale dei suoi genitori.
Negli ultimi mesi si è frequentata con un collega, niente di importante ma neanche di troppo frivolo, due persone sole che hanno bisogno di compagnia.
Uscite a cena, cinema, passeggiate, tutto nel rispetto l’uno dell’altra.
Lui ha un simpatico nipotino che presto compirà 13 anni e come tutti i ragazzini di quell’età è appassionato di giochi del computer, di guerra per lo meno.
–
è tardo pomeriggio d’autunno, scende la nebbia in Lombardia e l’umidità si appoggia sulle cose e le persone senza chiedere permesso.
Il traffico è soffocante perchè molti sono sulla via di casa dopo una giornata di lavoro, in una zona decentrata della città , poco distante dalla tangenziale c’è un quartiere di recente costruzione. Sono più che altro palazzoni monotinta e qualche negozio, alcuni bar, una scuola elementare e una chiesa.
Tutto accatastato lungo un viale che dalla periferia conduce alla città .
Una macchina si ferma sul viale all’altezza di un grande Bar Tabaccheria spoglio di clienti, scende una donna, con pochi passi si dirige verso il ‘WarCenter’, un negozio aperto da poco più di cinque anni molto conosciuto nella zona.
Ci vanno i militari a vestirsi, gli ultrà a far la spesa e i patiti per il soft-air che formano una cricca di clienti con un andirivieni notevole per un quartiere di periferia.
La porta del negozio si apre mentre Mauro sta servendo un tenente preoccupato di ricomporre le mostrine della sua divisa dopo che dalla licenza, i suoi parenti ne hanno voluto tutti un pezzo.
Mentre lui ringrazia e si avvia verso l’uscita, la donna entra e Mauro la nota alzando lievemente lo sguardo domandandosi cosa ci faccia una donna così nel suo negozio.
Vestita di tutto punto con cappotto elegante sotto cui scendono per una decina di centimetri dei pantaloni aderenti marrone scuro infilati in stivali neri di apprezzabile fattura, scosta il soldato che si tira dietro la porta con tutto lo sguardo incollato a lei e stabilisce subito un contatto diretto col padrone del negozio guardandolo negli occhi e salutandolo con espressione gioviale.
-Buonasera a lei.. come posso esserle utile?
Mauro si scioglie e ricambia il sorriso mentre ha già notato ogni dettaglio della donna che si avvicina al banco mentre si guarda intorno, tra uno scaffale di abbigliamento militare e tecnico e un altro.
-Ecco, devo fare un regalo ad un ragazzino che compie fra poco 13 anni ed è fissato per i giochini di guerra.. volevo essere originale e regalargli un fucile da soft-air, ho sentito dire che gli piacerebbe averne uno anche se.. forse i suoi genitori non sono molto d’accordo sa com’è.. le armi..
Mauro sorride annuendo con la testa come a significare che è una problematica che conosce benissimo
-Sa qui entra gente di ogni tipo, ha appena visto uscire un soldato, ma ho anche una discreta clientela per il soft-air e conosco molto bene questa barriera che c’è tra genitori indecisi e figlioletti scalpitanti che vogliono affacciarsi a questo settore… quindi quello che le posso dire è che senza dubbio è un regalo fuori dagli schemi e i genitori potrebbero dissentire.. ma il ragazzino le sarà grato per il resto della sua vita!
Così dicendo allarga le braccia sorridendo imitando la reazione di un ragazzino che riceve un regalo simile.
Vedendo l’espressione quasi convinta sul volto della donna le chiede:
-Ha già in mente qualcosa? Posso mostrarle qualche modello per principianti, ce ne sono di molti tipi diversi e anche diversi prezzi, ho anche delle pistole molto belle.
-Si.. diciamo che sarei orientata per un fucile come quelli in vetrina, per il prezzo non è un problema se non è eccessivamente alto e ne vale la pena..
-Eheh.. bene, vedrò come poterla accontentare.. però quelli in vetrina non sono tutti i modelli che ho, le posso mostrare gli altri ma li tengo nel retro, sa io ho una discreta esperienza con le armi, e anche se finte non mi piace tenerle in bella mostra, poi nel caso ho anche un catalogo e quello che non ho in casa si può ordinare e arriva in pochi giorni.
La donna considera per un momento la situazione e poi annuisce convinta
-Certo.. ok vediamo
-Venga, prego mi segua
Mauro indica la strada alla donna mentre spostandosi dal banco schiaccia un pulsante sotto al piano di appoggio che chiude la serratura della porta d’ingresso del negozio, maschera l’impercettibile click invitando la donna a seguirlo con un alto tono di voce amichevole.
-Venga! Venga! Di qui guardi!
Passando da un breve corridoietto la conduce nel retrobottega, una larga stanza non perfettamente illuminata dove sono accatastati oggetti in pile alla rinfusa, scatole scatoloni, un tavolo da lavoro nel mezzo e la cassaforte alla parete opposta all’entrata. Sulla destra accantonati alla parete ci sono effettivamente una decina di scatole che si presuma contengono i famosi fucili da soft-air.
Quel che non nota la donna, già leggermente perplessa alla vista di una stanza così tanto diversa dal negozio, è la telecamera posta sopra alla porta della stanza, puntata direttamente alla cassaforte.
Tre passi oltre la porta ed entrambi sono dentro, mentre lei entra, lui chiude la porta dietro di sé.
A chiave.
La serratura che gira e la chiave che scorre fuori dalla toppa della porta gelano il sangue nelle vene della donna che si gira subito verso di lui con aria confusa e preoccupata.
Mauro mantiene immutata l’espressione cordiale e accogliente avuta fino a prima e mentre si lascia scivolare la chiave in tasca si produce in un sorriso di sole labbra e allarga le braccia dicendo:
-Ecco, il mio regno.
(Continua) La telecamera che inquadra la cassaforte riprende la scena, il viso di Carmen è coperto dalla nuca di Mauro ma dal suo gesticolare si capisce il tono della discussione, Mauro invece è impassibile, scuote solo leggermente la testa.
Probabilmente in questi istanti Carmen comprende di non aver scampo, tenta infatti un gesto disperato e prova a portarsi dietro al tavolo ma Mauro la prende per i capelli senza neanche farle fare un metro, lei si porta le mani alla testa cercando di divincolarsi ma lui la gira e le assesta uno schiaffo in pieno volto.
Questo non basta a placare Carmen che tenta comunque di sfuggirgli ricavandone solo un altro schiaffo, dopo questa breve colluttazione Mauro la blocca contro il tavolo ed ora Carmen è totalmente sovrastata dalla figura di lui che senza un minimo di esitazione le immobilizza entrambe le mani con una delle sue.
C’è un breve periodo in cui i due sono praticamente immobili, Mauro le sta parlando, probabilmente la starà minacciando.
La telecamera riprende la schiena di lui e poco più, le gambe leggermente allargate di Carmen che schiacciata nella presa non riesce a reagire. O forse a questo punto ha compreso che essendo chiusa nella stanza con lui che le ha già ampiamente dimostrato di poterla dominare con facilità c’è poco da reagire.
Dopo questo breve lasso di tempo si vede Mauro spostarsi leggermente di lato e Carmen con lui, invertendo la posizione. Spostandosi viene inquadrato per pochi fotogrammi il volto sfocato di Carmen, un viso dal contorno incerto che scompare quando lei si gira di spalle alla telecamera e con le mani possenti di Mauro su entrambe le spalle, si inginocchia davanti a lui.
Allo stesso modo di lei, il volto di Mauro adesso è inquadrato e anche se per nulla nitido, si riesce a scorgere benissimo quello che è un sorriso.
Carmen è in ginocchio inerte, ripresa di spalle con le braccia che cadutele lungo i fianchi, si sono appoggiate sulle sue cosce. E sta li mentre la sua chioma chiara occulta quel che Mauro sta facendo proprio di fronte a lei.
Le mani di lui si muovono, si intuisce con facilità che si sta slacciando i pantaloni.
Ancora prima che la scena appaia comprensibile Mauro poggia la mano sinistra sul capo di Carmen, i due restano immobili per alcuni secondi nei quali probabilmente lui rincara la dose con la povera Carmen che, inginocchiata di fronte a quest’uomo con i pantaloni slacciati non muove un dito, muove la testa invece, in maniera impercettibile sembra annuire dopodichè la mano di Mauro carezza i suoi capelli.
Quel che la telecamera riprende appena dopo non ha bisogno di interpretazione alcuna: lentamente la testa di Carmen inizia a muoversi su e giù, guidata dalla mano di lui che butta la testa all’indietro non appena riesce ad imporle un ritmo lento ma costante.
Carmen sembra non opporre molta resistenza, la telecamera la riprende infatti a piena figura mentre lui la guida adesso con entrambe le mani su e giù, su e giù, a fondo.
Il movimento della testa di lei dura per un paio di minuti, nei quali Mauro la forza ogni tanto a mantenersi giù completamente su di lui e a intervalli di una ventina di secondi, muove il bacino a tempo con la testa di lei. Quando questo succede le braccia di Carmen si arrampicano sulle gambe di lui ma dall’inquadratura non si capisce se le sue mani stringono le cosce di Mauro o semplicemente tentano di respingerlo, quel che si distingue facilmente è lo scatto all’indietro che Carmen fa quando viene rilasciata, per poi riprendere inesorabilmente il ritmo.
Dopo questi pochi ma interminabili minuti la telecamera riprende Mauro che contrariamente a quanto fatto fino ad ora, non rilascia subito la testa di Carmen ma anzi la forza contro di se stringendole i capelli, questo si capisce perchè le mani sulla sua testa si stringono a pugno e si vede chiaramente lei sussultare.
Quindici, venti secondi di più e finalmente allenta la presa allontanandola quasi.
Il corpo di Carmen non si muove, ma sussulta ancora, tossisce probabilmente, e intanto china il capo.
La telecamera non inquadra il suo volto perchè di spalle e sicuramente non riuscirebbe a coglierne l’espressione data la scarsa risoluzione ma la nuca e la schiena di Carmen, le suole dei suoi stivali e la forma del suo corpo ancora avvolto dal cappotto compongono una figura dall’atteggiamento esplicitamente sconvolto.
(Continua) Mauro si sposta da lei e Carmen si appoggia ora sul pavimento con le mani tossendo ancora.
Raccoglie la borsa di lei che nella colluttazione è caduta poco a lato, ci fruga dentro e tira fuori il portafogli.
-Ah.. Carmen.. bello.. bel nome, la carta d’identità la prendo io.. così so dove trovarti nel caso..
-Sei un bastardo… io ti denuncio, la devi pagare..
Mauro punta un piccolissimo telecomando verso la telecamera e un biip segnala che è spenta.
Carmen sentendo il rumore si volta e rimane atterrita alla vista della telecamera.
-Puoi andare alla polizia, loro verrebbero qui troverebbero le riprese e tutti vedrebbero cosa ti è stato fatto.. una donna come te.. così forte e al passo coi tempi costretta in ginocchio, l’umiliazione del pompino e l’ingoiata, tutti vedrebbero quanto è stato facile sopraffarti. Sai a dire il vero, per come sono andate le cose si potrebbero anche sollevare dei dubbi sul fatto che io ti abbia effettivamente forzata, non ti stavo mica minacciando di morte, la telecamera ha occhi ma non ha orecchie… Ahahahahah..
Carmen ha un espressione tesa e gli occhi lucidi iniettati di rabbia, è una delle poche volte nella sua vita che vorrebbe trattenere le lacrime ma ci riesce a stento.
-Credi che questo mi fermerà dal denunciarti? Mi hai violentata.
Carmen si rialza appoggiandosi al tavolo e strappando la borsa di mano a Mauro che subito replica divertito:
-Eeeh.. violentata.. mica te l’ho messo nel culo, quante storie per un pompino.
Mentre Mauro pronuncia la frase i suoi occhi scintillano nell’illuminazione precaria della stanza, Carmen ancora più agghiacciata cerca di strappargli di mano anche la carta d’ìdentità ma Mauro la fa indietreggiare con un gesto fermo e deciso.
-Questa mi serve.. ti devo tenere d’occhio e se solo capisco che qualcosa non va e sei andata alla polizia mi basta il tuo indirizzo per conciarti per le feste.. io o chi per me, nel caso fossi costretto a relegare l’affare a terzi.
La voce di Mauro è profonda e il suo tono è calmo, come di chi conosce il peso delle proprie parole, parole che sono come macigni per Carmen con la loro pesantissima dose di realtà .
Mauro è senza dubbio uno squilibrato, ma lei riconosce che aver architettato tutto questo nell’arco di cinque minuti è prerogativa di un uomo che non parla a vanvera, anche i suoi modi lo confermano, non sa se preoccuparsi di più dell’impatto psicologico che avrebbe la rivelazione pubblica di quello che le è successo o del dopo; quel dopo possibile che Mauro le ha appena illustrato.
Mauro vede Carmen indecisa e pensierosa dopo le sue ultime parole e capisce di essere andato a segno, dicendo le sorride:
-Pensaci, intanto, la porta è ancora chiusa. Vuoi uscire?
-Ovvio che voglio uscire brutto pezzo di merda!
-Bene, guadagnatelo.
Carmen trasale:
-Cosa..??!
-Se esci da questa stanza è solo a mio rischio e pericolo, quindi non sperare che basti un pompino.
-Ma cosa vuoi ancora da me?? Non pensarci nemmeno, io sono una donna adulta, ho una dignità .
-Con le persone che saluti ogni giorno, al loro parere deve rendere conto la tua dignità , al mio no.
-No. Non se ne parla.
Carmen indietreggia e tenta la stessa disperata mossa di prima: girare attorno al tavolo.
-E dove vai? Io non ti corro a dietro intorno al tavolo, se tu che devi uscire di qui, potrei anche uscire da solo e tu restare dentro. Però in quel caso poi sono cazzi tuoi Carmen.
Carmen si ferma e batte un pugno sul tavolo inveendo ad alta voce contro Mauro:
-Figlio di puttana che cosa vuoi??!?!
Mauro incassa il tono di Carmen senza problemi e risponde sbrigativo:
-Girati. Leva il cappotto, slaccia i pantaloni e abbassali a metà coscia.
Non è facile descrivere l’espressione che ha assunto il viso di Carmen, le sopracciglia inarcate e gli occhi sgranati ne offrono una chiave di lettura molto chiara ma il terrore misto a odio e disdegno stampati sulla sua faccia creano un quadretto complessivamente indescrivibile.
-…No oh.. no… non esagerare io..
-Frena frena bella stai tranquilla, non ho nessunissima intenzione di trombarti, non sono mica idiota, quello si che sarebbe una prova inequivocabile contro di me.
-E allora che vuoi..?
Mauro la fissa inarcando le sopracciglia a sua volta con fare canzonatorio e le risponde:
-Te l’ho già detto, prima torna qui.. poi girati, via la giacca e giù i pantaloni. Su forza.
Carmen gira attorno al tavolo, sono 6 passi e sono i più lunghi della sua vita. E’ faccia a faccia con Mauro quando lui con un movimento della mano le mima l’ordine.
Lentamente si gira su se stessa e lui le fa compiere un altro mezzo giro facendola appoggiare al tavolo, poi si allontana di un paio di metri e la fissa.
-Allora? Che aspetti? Prima ti muovi prima esci.
Carmen in assoluto silenzio sfila gli ultimi due bottoni che tengono chiuso il suo cappotto e lo appoggia sul tavolo.
La sua schiena è foderata dal tessuto di un maglioncino nero col collo leggermente alto, i pantaloni marroni aderiscono con minuziosa cura alle sue cosce e al suo sedere sostanzioso ma non eccessivo.
Ha un attimo di esitazione ma mentre gira il capo di lato guardando Mauro con la coda dell’occhio, lui annuendo le fa capire che non deve fermarsi, non adesso.
Solleva il bordo del maglione slaccia la cintura e i pantaloni, ne allarga i lembi e questi cominciano a prendere presa sul suo posteriore che lentamente inizia a scoprirsi centimetro per centimetro fino ad arrivare a metà coscia come comandato.
Spunta un normalissimo slip nero che con la sua semplicità fascia le sue chiappe in maniera quasi poetica.
-Bene bene bene bene.. Molto bene…
Carmen è irrigidita dall’imbarazzo e da mille altre sensazioni negative che le passano per la testa e per lo stomaco, Mauro si avvicina a lei, una mano sulla spalla e l’altra sulla chiappa destra di Carmen. La accarezza e la tasta con cura mentre lei si irrigidisce ancora di più.
-Stai calma.. ti ho detto che non ti trombo.. anche se una scopata a sto culo te la darei con tutte le mie forze..
Mentre lo dice una mano vola nell’aria schiaffeggiandole la chiappa che sobbalza, come Carmen che spaventata si lascia sfuggire di bocca consonanti scomposte.
La mano di Mauro non perde tempo, si infila nello slip e comincia ad esplorare oscenamente prima la vagina, che si aspettava di trovare istintivamente più interessata di quanto non è; e poi il culo, sfregandosi in mezzo alle due guance di carne così naturalmente morbide e lisce irrigidite soltanto dal terrore e dall’imbarazzo di Carmen.
-Cosa fai… cosa stai facendo…
Mentre lo domanda, Mauro comincia a girare col dito intorno al suo ano, Carmen strizza gli occhi e arriccia la bocca.
-Non posso sodomizzarti, quindi dovrò accontentarmi di questo.
Con l’altra mano poggiata ora sul ventre di lei la attira verso se mentre il suo dito la penetra sfacciatamente nel culo.
Carmen mugugna con le labbra ancora serrate e presa da un tornado di sensazioni non riesce ad accorgersi per tempo che l’altra mano di Mauro scende, e dal ventre passa alla sua vagina, penetrandola con un dito anche davanti.
Carmen riapre gli occhi e sono sbarrati ora, ha un dito medio infilato per metà nel culo e un altro nella vagina.
Mauro forza entrambi gli ingressi con giusto furore e in pochi secondi li sta implacabilmente stantuffando. Un dito dentro, uno fuori, uno dentro e uno fuori. Sempre più dentro, sempre più veloce.
Carmen appoggia le mani al tavolo e con la bocca aperta inizia ad ansimare anche se contrariata, dalla sua bocca esce una specie di cantilena meccanica composta da brevissimi ‘Ah’ concatenati con affanno.
Mauro non è uno sprovveduto, avverte il rifiuto della donna ma la sua mano incontra i naturali umori del sesso di Carmen che sollecitato, risponde presente.
Allo stesso modo il dito nell’ano inizia a scorrere meglio grazie al sudore misto di dito e corpo che vince l’attrito secco del culo di Carmen.
Carmen non vuole e cerca di reprimersi ma Mauro la sta forzando a godere, e purtroppo per lei ci sta riuscendo anche abbastanza in fretta. Le dita nella vagina diventano due e il ritmo del movimento alternato tra anteriore e posteriore aumenta.
Carmen si morde le labbra, cerca di nascondere la faccia prima nel maglione, poi voltandosi dall’altra parte ma Mauro è perentorio: ‘Guarda dritto.’
In pochissimo tempo Carmen raggiunge l’apice dell’eccitazione e nel turbinio di rifiuto e piacere si libera di un orgasmo che quando si manifesta, cancella tutte le sensazioni provate fino ad ora.
Non c’è più un’orgoglio, non c’è più dignità , imbarazzo, non c’è più lamento.
C’è solo l’orgasmo e le dita che continuano a stantuffarla mentre il sangue le tuona nelle vene e nel cervello.
-Braaava… vedi che non ero malintenzionato..
Carmen gli rivolge un fugace e imbarazzatissimo sguardo al di sotto della linea del suo sguardo e poi si rivolta tornando a fissare con occhi velati, il vuoto che ha preso possesso della sua mente.
Mauro le sfila le dita dalla vagina e senza staccarsi dalla sua pelle percorre il suo sesso dal basso verso l’alto diretto al ventre, passando sopra alla peluria del suo pube scompigliandola.
Arrivato all’ombelico fa un giro intorno e poi stacca la mano da lei.
Altre tre o quattro spinte con l’altra mano, quella che ha un dito nel culo di Carmen, spinte forti, maleducate, prepotenti che la riportano alla realtà spezzandole il fiato e strappandole le ultime note della cantilena.
-Ahh…Ahhh…Ah.. Ahhh…
Fuori.
Carmen si affloscia sul tavolo piegando le gambe una sull’altra mentre Mauro la aiuta a tirarsi su i pantaloni che copriranno quelle mutandine ormai inzuppate di vergogna e incredulità .
Le da una pacca sul sedere sorridendo e lei si ricompone a fatica.
Carmen si rimette in piedi e si gira mantenendo uno sguardo basso cerca la sua borsa e prende in mano il cappotto.
-..Adesso lasciami andare..
Mauro la osserva in silenzio cercando di comprendere la sua reazione mentre con la mano estrae la chiave dalla tasca accompagnandola verso la porta.
-Si adesso puoi andare ma.. andrai dalla polizia?
Carmen si ferma e alza finalmente lo sguardo, la frangia che fino ad ora le ha adombrato gli occhi rendendone incomprensibile l’espressione si sposta e fissa ora Mauro negli occhi senza dire nulla per alcuni interminabili secondi. Poi risponde abbassando lo sguardo sulla sua bocca per un millesimo di secondo e riportandolo agli occhi.
-……..solo…. se almeno…. mi dai il fucile. E la carta d’identità ..
Mauro scoppia a ridere praticamente a squarciagola.
-Ti do il miglior fucile che ho, ma la carta d’identità me la tengo. Se la rivorrai, tornerai a prenderla, altrimenti potrai denunciarne la scomparsa e fartela rifare.
La porta si apre, dalla vetrina entra il buio della sera che è ormai scesa sulla città .
Carmen aspetta tranquilla al bancone che Mauro le porti il fucile.
Fine.
forse
–
Visualizzazioni:
454