La prima volta che vidi una figa da vicino fu quella di mia cugina.
Avevo sei anni, lei sette.
Successe in vacanza in Calabria. Con i miei genitori e gli zii s’andava tutti gli anni in ferie le due centrali d’agosto. Praticamente da quando ero nato. Dopo due anni consecutivi in un villaggio in Puglia nel Salento, quell’agosto appunto, l’agosto dei miei sei anni, scelsero un villaggio sullo Ionio in Calabria, a Isola di Capo Rizzuto, ricordo.
Beh, la vacanza cominciò al solito modo: con io che durante il viaggio in macchina (lunga cavalcata da Milano partendo di notte), mi ritrovai a masticare quelle merdose Travelgum per frenare i conati di vomito che sentivo già dopo Firenze. Soffrivo la macchina e un viaggio del genere, insomma… una merda!
Quando ci sistemammo al villaggio però ricordo mi trovai bene. Il posto era bello, le nostre casette spaziose e quindi non mancava nulla. In spiaggia poi me la passavo giocando con mia cugina al mercante in fiera. Non credo conoscessimo le regole perfettamente (non le so nemmeno ora) ma tanto ce le inventavamo. O meglio, io mi inventavo qualche stronzata dato che c’erano tutte quelle carte con un sacco di immagini che si prestavano ad inscenare delle sorti di storielle. Stronzate da bambini insomma, ma ci divertivamo.
Poi arrivò il giorno dell’insolazione.
Non so come mia madre si dimenticò di ungermi di crema come un pesce pronto per il forno, ma sta di fatto che quel giorno, quando tornai a casa dalla spiaggia, ero rosso come un coglione depilato e appena dopo la doccia mi sentivo le spalle non scottare, ma bollire direttamente!
Risultato: per i due giorni successivi non potei andare al mare.
Stavo a casa a rompermi i coglioni. E il secondo giorno rimasi solo, dato che i miei con gli zii erano al mare, con mia cugina.
Quella mattina si era sentita poco bene e preferì rimanere a casa anche lei, così cominciammo a passare il tempo giocando alle solite carte del mercante in fiera seduti sul divano.
Non avevo mai avuto nessun pensiero su mia cugina.
Nel modo più assoluto. Per me era come giocare con i miei compagni di scuola. La stessa cosa. Quella mattina però notai dell’altro, e non so tutt’ora spiegarne il motivo. Eravamo lì sul divano a fare i nostri giochi con le carte e presi a fissarle le gambe. Portava il costume ed era accovacciata con i piedi stretti a sé. Notai, forse perché voleva “sentirsi grande” come spesso sentivo commentare con mia zia, aveva le unghie dei piedi smaltate di rosso fuoco.
E lì, sarà perché mia cugina aveva oggettivamente dei bei piedini, mi vennero alle mente quelle foto che a me e un mio compagno di classe avevano fatto vedere due tizi di quinta più grandi di noi. Era stato un pomeriggio dopo scuola. Questi due ci convinsero a seguirli nel retro di un campetto da calcio. Lì, ci sedemmo all’interno di una baracca abbandonata, o non so cosa diavolo fosse, e uno dei due prese un plico di giornali: le Ore, Penthouse e altra roba piena di tettone e figa che non avevo mai visto così in gran quantità e in modo così plateale!
Sapete, parliamo di metà anni Ottanta, internet non esisteva e i video porno te li dovevi andare a noleggiare. Non era così semplice insomma. La cosa più semplice (diciamo così) erano i giornali porno.
Beh, quel giorno quei due ci fecero vedere tutta quella sorca, immagini di splendide fiche che succhiavano grossi cazzi e poi sborrate in faccia.
Tutta quella passera mi rimase in mente per giorni. Ma avevo vergogna a comprare uno di quei giornali in edicola. E così rimase tutto nella mia mente, una caterva di meravigliosa fica pronta ed esplodere prima o poi.
Beh, stava succedendo quel giorno con mia cugina?
Non so, ma per la prima volta, l’ho detto, la vidi sotto un altro aspetto. L’aspetto di tutta quella figa che avevo visto stampata su quei giornali inondata di sborra, con culi da favola gonfi e sodi e sorche sorche a non finire!
Dovevo fare qualcosa.
E così, sfruttai quello che mi era più congeniale con lei: m’inventai un gioco.
In pratica si doveva pescare dal mazzo una carta e prima dichiarare che tipologia di animale sarebbe apparso sulla carta appena scelta (le carte del mercante di fiera che usavamo raffiguravamo animali): se ci si sbagliava, c’era una penitenza da subire dall’avversario. E una di quelle sarebbe stato dover annusare qualcosa di puzzolente.
La prima volta che sbagliai io, lei, imbarazzata e sorridente, mi fece annusare un piede.
Beh, non mi bastava.
Sbagliò lei e io ricordo le feci odorare una mia ascella, così tanto per stare al gioco.
Poi le dissi, ad un certo punto, che lì in mezzo alle gambe di certo le doveva puzzare!
Lo dissi per provocarla.
Lei, di nuovo, tutta imbarazzata, ammise che non si era fatta la doccia quella mattina!
Oddio!
Subito le immagini di quelle riviste affossarono la visuale di fronte a me di decine di fiche bollenti che scopano.
Bene, dissi, allora se sbaglio… e lasciai intendere quale dovesse essere la punizione.
Arrivò il fatidico momento che sbagliai (tirai su una stupida zebra invece di un cane, come avevo dichiarato io prima).
Mi cugina mi fissò, mezza imbarazzata e mezza pronta ad esaudire quella punizione. Era d’altronde un gioco, le regole erano chiare! Come sempre, del resto! E così si alzò in piedi. Proprio davanti a me. Ricordo che improvviso cominciò ad accelerare il battito del mio cuore. E in mezzo alle gambe, non me ne accorsi subito, sentii gonfiarmi la patta, sotto il costume che portavo. Mia cugina poi, sempre in piedi di fronte a me, si sfilò il costume che fece cadere a terra.
E lì la vidi.
Era una piccola e sottile striscia di carne, completamente depilata. La parte più interna era di un rosa più acceso, con la pelle raggrinzita. Cristo: non avevo in quelle foto dei giornaletti notato così bene com’era fatta una figa! E ora ce l’avevo davanti!!
A quel punto io mi ero dimenticato com’ero finito in quella situazione. Il gioco, la punizione e tutto il resto. Davvero, ero come nel pallone. Mi batteva il cuore e ora sì che sentivo una violenta erezione riempirmi il costume.
Ma mia cugina no, non si era dimenticata (giustamente) il gioco.
E infatti la vidi che si passò un paio di volte, delicatamente, il dito indice sulla figa. Se lo passò come una carezza, una carezza alla sua piccola sorca. Poi, avvicinò il dito verso di me e me lo piazzò sotto il naso. Io ricordo feci appena in tempo a sentire un leggero odore acre quando lei, scoppiando a ridere, me lo allontanò dal naso, si rimise il costume e tornò accanto a me sul divano per continuare a giocare.
Anni dopo, la sera prima della prova di orale all’esame di terza media per la precisione, mi feci la mia prima sega della vita e ricordo pensai proprio alla fica di mia cugina e alla zaffata che avevo sentito quel giorno anni indietro. Una memoria di ferro! Come il cazzo che mi ritrovai tra le mani improvviso, mentre il libro di italiano rimaneva aperto sulla Pioggia nel pineto… e io sborravo i miei primi schizzi!
Ricordo che quando venni mi sentii strano, mi faceva quasi male la cappella.
Ma torniamo a quella estate: l’estate della figa di mia cugina.
Per tutta la vacanza non si ripetette nessun giochino con lei. Non la coinvolsi piĂą in uno dei miei stratagemmi per vederle la figa ma quando tornai a scuola ricordo riuscii ad avere tutta per me una delle riviste porno su cui i compagni di scuola piĂą grandi si segavano in quella specie di baracca.
Credo fosse Le Ore.
Beh, ogni volta che mi masturbavo follemente sopra quelle sorche di cui le pagine erano pregne, ogni tanto, di nuovo, ripensavo alla figa di mia cugina. E a quella leggera e veloce zaffata che mi aveva timidamente regalato.
La mia punizione!
L’altra sera sono andato a trovarla. Ormai abbiamo superato i quaranta entrambi, con figli e matrimoni ognuno sul groppone.
Beh, sapete che vi dico?
Dopo cena abbiamo giocato al mercante in fiera!
A suo marito avevano regalato quel gioco con tutte quelle strane carte e quando l’aveva fatto vedere a mia cugina, lei aveva detto assolutamente che avrebbe dovuto farmelo vedere. Mio cugino sì che sa di cosa si tratta, aveva infatti detto.
Oh sì, certo: so benissimo di cosa si tratta dissi, eccome!