Le due ore di geografia le apparivano come un traguardo irraggiungibile mentre prendeva posto accanto a Marco, la vescica strapiena dopo ore di trattenuta.
Per mantenere un po’ di dignità aspettò mezz’ora prima di alzare la mano.
“Melania?”. Lo sguardo del prof. Olmo era posato su di lei, in attesa che parlasse.
“So che non si potrebbe…ma io dovrei andare in bagno”.
Alcuni dei suoi compagni si voltarono a guardarla, certi ridacchiando.
“Hai detto bene, non si può. La ricreazione è passata da appena mezz’ora”.
“Lo so, però erano tutti occupati e io…”.
“Dai, cerca di resistere. Proseguiamo con la lezione piuttosto”. Il suo tono severo le fece capire che era meglio tacere.
Cercò di concentrarsi sulla lezione prendendo appunti. Non voleva rimanere indietro col programma e non voleva fare un brutta impressione il suo primo giorno, ma ormai le risultava davvero difficile pensare a qualcosa che non fosse l’impellente bisogno del bagno.
Dopo un’altra mezz’ora si accorse di non riuscire a stare ferma. Continuava a prendere appunti ma era costretta ad ondeggiare col corpo avanti e indietro sulla sedia.
Marco si accorse della situazione e iniziò a lanciarle occhiate preoccupate. Gli rispose con sorrisi appena accennati.
“Tutto ok?”, le chiese sottovoce appena la campanella suonò la fine della penultima ora.
“Sì…devo solo andare in bagno”.
“Non sei riuscita ad…”, la voce di Olmo lo interruppe: “Silenzio per favore!”.
Nei minuti successivi fu costretta ad appoggiare la penna al banco, rinunciando a prendere appunti. Stava sudando freddo. Se non avesse raggiunto un bagno entro breve se la sarebbe sicuramente fatta addosso.
Con indifferenza appoggiò una mano in mezzo alle gambe, cercando di non alzare troppo l’orlo della gonna e strinse. Doveva resistere, doveva farcela.
Cercò di respirare a fondo imponendosi di controllare i muscoli del proprio ventre ma, abbassando lo sguardo, si accorse del rigonfiamento sulla pancia. La sua vescica era pronta ad esplodere.
Strinse la penna con la mano libera e socchiuse appena gli occhi stringendo le labbra.
Nei minuti successivi fu un continuo ondeggiare, muovere su e giù le gambe e lasciarsi sfuggire sospiri di disperazione. Poi, non seppe per quale miracolo, la campanella suonò la fine dell’ultima ora.
In fretta raccolse le proprie cose, salutò Marco con un sorriso di circostanza e scappò dall’aula.
Alzandosi si accorse di non riuscire a mantenere una posizione completamente eretta, la pancia così gonfia da impedirle dei movimenti normali.
Voleva correre ma non ne era in grado. Temeva che, nel farlo, avrebbe perso il controllo della vescica.
Percorse il corridoio con le pareti verdi ed arrivò al bagno che, quella mattina, era rimasto chiuso. Tentò di aprire la porta ma, ovviamente, il risultato non fu differente rispetto a qualche ora prima. Ancora chiuso.
Lacrime di disperazione le invasero gli occhi mentre saltellava da un piede all’altro, una mano all’altezza della figa, sopra la gonna.
“Tesoro, hai bisogno del bagno?”. La voce di una donna la fece voltare di scatto. Una bidella.
“Sì, per favore..”.
“Scusami, ho l’ordine di tenerli chiusi. Usa quello degli uomini per stavolta. E’ lì in fondo”.
Avevano chiuso solo quello delle donne?? Ma con che razza di sadici aveva a che fare?
Senza soffermarsi troppo sui propri pensieri si avviò con passi vacillanti verso la direzione indicata. Si accorse di essere quasi ridicola mentre teneva una posizione non eretta, una mano fra le gambe e l’altra che si chiudeva e apriva in continuazione nel tentativo di alleviare l’immenso stato di ansia.
Giunta al bagno degli uomini vi entrò, sperando con tutta se stessa di non trovare nessuno. Si infilò rapidamente in uno dei wc e chiuse la porta alle proprie spalle.
La vista del bagno le fece raggiungere uno stimolo tale da farla gemere.
Si alzò la gonna abbassando i collant e le mutandine, e non si era nemmeno calata completamente quando un getto di pipì uscì centrando appena il water.
“Ahhhh”, si lasciò sfuggire mentre la sua potente pisciata sibilava nel silenzio circostante.
L’urgenza era stata talmente tanta che le parve di sentire il suo ventre sgonfiarsi man mano che la pipì continuava ad uscire.
Dopo due minuti strappò finalmente un pezzo di carta igienica e sorrise fra se assaporando l’immensa sensazione di sollievo.
Ricomponendosi uscì dal bagno, si lavò le mani e ringraziò Dio che quel primo, infernale, giorno fosse finito.
Traumatizzata da quella serie di sfortunate coincidenze che l’avevano costretta a trattenere fino al limite, Melania decise di tenere molto più sotto controllo la situazione bagno nei giorni successivi.
I compagni nuovi non erano niente di che, per la maggior parte del tempo stavano fra di loro escludendola completamente ma, per come stavano le cose in quel momento, la cosa la lasciava abbastanza indifferente. Passava le ricreazioni da sola, chiacchierando di tanto in tanto con qualche ragazza, ma senza riuscire davvero a socializzare con qualcuno.
Quella scuola sembrava fatta solo per persone di un certo livello. Se non eri ricco come loro, venivi automaticamente escluso. E loro lo sentivano l’odore dei soldi, non importava come ti vestivi o come ti comportavi, loro te lo leggevano in faccia e basta.
L’unico che si salvava da quella condizione era Marco, il suo compagno di banco. Durante le ricreazioni stava prevalentemente con i suoi amici maschi ma, qualche volta, si fermava a parlare anche con lei.
Stava pensando proprio a lui quel lunedì mattina, mentre teneva fra le mani una tazza di thè bollente. Gettando un’occhiata all’orologio si accorse di essere in ritardo, se non si fosse sbrigata avrebbe sicuramente perso l’autobus. Si abbottonò la giacca della divisa, si raccolse i capelli in una coda alta e afferrò lo zaino mettendoselo in spalla.
In meno di dieci minuti era alla fermata, completamente avvolta dal freddo vento autunnale.
Sbuffò rendendosi conto di avere la maggior parte delle lezioni assieme al prof. Olmo. Non sapeva spiegarsi il perché ma quell’uomo non le piaceva. Era vecchio, era viscido, era uno alle vecchie maniere.
Non appena la campanella suonò l’inizio delle lezioni, prese posto accanto a Marco e tirò fuori il quaderno e il libro di latino.
Come si poteva essere così bastardi da mettere due ore di latino di prima mattina??
Si sarebbe addormentato chiunque.
Iniziando ad ascoltare Olmo si accorse di far fatica a tenere gli occhi aperti, si spostò appena sulla sedia accavallando le gambe e, nel farlo, si accorse di dover andare in bagno.
Come poteva essere? Erano appena le otto e mezza!
Probabilmente il thè aveva fatto più effetto di quanto si aspettasse ma, ad ogni modo, cercò di non pensarci sapendo che Olmo non l’avrebbe lasciata uscire in ogni caso. Si promise inoltre di cambiare modo di fare colazione nei prossimi giorni.
Qualche minuto più tardi Olmo consegnò loro i compiti fatti una settimana prima e le sorrise mettendo in mostra il nove scritto a penna. Era soddisfatta dei suoi risultati ma ormai ci era abituata.
Tuttavia, per quanto si sforzasse di non pensarci, lo stimolo di svuotare la vescica stava diventando sempre più forte, crescendo in un modo rapido e violento…tipico di quando si beve una tazza mug di thè caldo.
Guardò l’ora. Erano quasi le nove, stava per finire la prima ora, poi avrebbe avuto dieci minuti di ricreazione e sarebbe potuta finalmente andare in bagno.
Spostò le gambe sotto il banco per l’ennesima volta, attirando l’attenzione di Marco che le rivolse uno sguardo interrogativo.
“Mi sto pisciando addosso”, annunciò sottovoce in modo che potesse sentirla solo lui.
“Dai fra un’ora c’è la ricreazione”.
“Non so se resisto”.
Stava valutando la situazione quando sentì Olmo urlare contro uno dei suoi compagni. All’inizio non capì di cosa si trattasse ma poi, voltandosi a guardare, si accorse del problema. Il ragazzo aveva il cellulare sotto il banco e stava messaggiando palesemente con qualcuno sotto gli occhi di Olmo.
“Quante volte devo ripetere che il cellulare è vietato in classe!?”.
Il ragazzo in questione arrossì borbottando un “mi scusi” appena udibile.
“Scusi niente! Adesso lo consegni qua alla cattedra e tutti salterete la ricreazione, facciamo un bel ripasso!”.
Suscitò un coro di no. “Dovete imparare a comportarvi come si deve! Ringraziate il vostro compagno”.
Melania guardò Marco con aria preoccupata e si mise una mano sul ventre accarezzandolo appena mentre sussurrava: “Io devo fare pipì…”.
“Lascia che si calmi prima”, le suggerì l’altro sottovoce.
Per il resto della lezione tenne una mano sulla penna, prendendo appunti, e una mano sulla pancia, all’altezza della vescica, massaggiando appena nel tentativo di alleviare lo stimolo.
Passati i dieci minuti che dovevano essere la ricreazione, si accorse di non riuscire piĂą a concentrarsi. Doveva uscire.
Vergognandosi si rivolse a Olmo chiedendo: “Prof. so quali sono le regole, ma avendo saltato la ricreazione, potrei andare in bagno?”.
Un’altra ragazza, in fondo alla classe, si unì alla richiesta dicendo: “Anche io devo andare in bagno!”.
Olmo sbuffò: “Credete di essere all’asilo?! Ho detto che è vietato uscire!!”.
Era arrabbiato per la storia del cellulare ma stava coinvolgendo persone che non c’entravano nulla.
“E’ davvero urgente” provò a dire Melania con un fil di voce.
“Ragazzina, se esci da questa classe ti scrivo una bella nota sul libretto che andrà ad influenzare il tuo bel voto di condotta..sono stato chiaro?!”.
“Ma io…”.
“Ma niente!”, sbottò facendola sobbalzare.
Capì di non avere alternative e, come era già successo in precedenza, si mise una mano fra le gambe ondeggiando sulla sedia.
Provò a resistere altri dieci minuti, poi le fu impossibile non provare a richiedere il permesso: “Ho davvero bisogno di uscire”, disse cercando di trattenere le lacrime.
Sentì alcuni dei suoi compagni ridacchiare nei banchi in fondo all’aula, ma li ignorò.
“Melania, se esci dalla classe, oltre alla nota, ti verrà assegnata una punizione. E’ così che bisogna fare con voi?”.
Davanti a quelle parole scosse la testa e lasciò che gli occhi le si riempissero di lacrime ma tentò di nasconderlo.
Come poteva essere così poco comprensivo? Come poteva essere così viscido con una come lei??
Strinse entrambe le mani sopra la gonna, all’altezza della figa e inspirò lasciando passare l’aria fra i denti stretti mentre Marco la guardava preoccupato.
“Ehi…”, provò a dirle sfiorandole il braccio.
“Oddio…ho mal di pancia…mi scappa troppo”.
Dopo qualche minuto, nonostante i vari tentativi di resistenza, lo sentì. Il primo schizzo di pipì sulle mutandine, breve ma violento, quanto bastava per farle sgranare gli occhi e alzarsi immediatamente dalla sedia sotto numerosi sguardi allibiti.
“Dove credi di andare?!”, sbottò Olmo seguendo i suoi movimenti.
Senza rispondere alla domanda corse verso la porta dell’aula e la spalancò.
Un altro getto involontario le bagnò le mutandine dandole una sensazione umida che la stimolò ulteriormente.
“Cazzo”.
Con passi corti e veloci raggiunse i bagni del piano ma, tentando di aprirli, si accorse che erano entrambi chiusi. Doveva arrivare a quelli del cortile.
Si fermò un istante piegandosi in avanti e cercando di riassumere il controllo della vescica, aveva i secondi contati, stava per pisciarsi addosso in corridoio.
Vacillando si avviò verso le scale ma, ripassando davanti all’aula, trovò Olmo sulla soglia della porta, l’aria minacciosa mentre la fulminava dicendo: “Si può sapere cosa stai combinando?!”.
Ancora una volta lo ignorò e scese le scale barcollando. Doveva arrivare in bagno, doveva assolutamente arrivare al bagno più vicino.
Mancavano pochi metri, poteva farcela…stava cercando di autoconvincersi quando sentì un altro schizzo, questa volta molto più lungo del primo e fu costretta a fermarsi. Appoggiò una mano contro il muro e, capendo di non avere alternative, si abbassò i collant e le mutandine da sotto la gonna, appena in tempo perché un violento getto di pipì colpisse l’asfalto. Stava pisciando con talmente tanto impeto che le era impossibile controllare il getto, riuscì solamente a rovesciare gli occhi sospirando di sollievo mentre si abbassava lentamente cercando di non schizzare le scarpe.
La sua pisciata formò un lago enorme sul pavimento e continuò per qualcosa come due minuti. Quando finalmente ebbe finito si ricompose e si avviò lo stesso verso i bagni per asciugarsi ed infine, completamente rossa in viso, tornò in classe.
“Ti aspetto mercoledì nel mio ufficio, dopo la lezione dell’ultima ora”, le disse Olmo rivolgendole un’occhiata severa. Era nei guai…era chiaramente nei guai..ma non aveva avuto alternative. Le scappava troppo.
CONTINUA…