La scalinata di Agnese

“Resistetti ai suoi tentativi e rimanemmo così per molti secondi fino a quando la pressione diminuì liberando la mano…”

Si adagiò orizzontalmente sul gradino appoggiando la testa sulle mie ginocchia col
volto rivolto verso di me, gli occhi chiusi, le labbra leggermente aperte come in attesa di qualcosa. Ne fui sorpreso e rimasi per un attimo imbarazzato, riflettendo sulla situazione mi convinsi che l’invito non poteva essere più esplicito. Ci volle un pò per raccogliere il coraggio necessario, mi chinai guardingo e posai le labbra sulle sue in attesa di una reazione che non ci fu, continuai allora con piccoli baci su tutta la superficie delle sue labbra carnose assaporando per la prima volta il sapore del rossetto che le guarniva. Sollevai la testa per distendere i muscoli del collo indolenziti e chiese cosa stessi facendo, risposi di un impulso irresistibile e sempre con gli occhi chiusi mi invitò a continuare.
La prima esperienza sessuale vissuta qualche mese addietro mi aveva reso più sicuro e consapevole nell’affrontare situazioni scabrose, mi aveva edotto a comportamenti più freddi e razionali capaci di padroneggiare sulle reazioni impulsive dettate dall’inesperienza e dalla scarsa conoscenza dell’anatomia femminile, insomma sapevo finalmente come e dove usare le mani e la bocca e mentre ci scambiavamo baci caldi e profondi in una pausa distensiva chiese dove avessi appreso, risposi che avevo letto molto sull’argomento. Mi misi in punta di piedi così da sollevare le ginocchia e portare il viso più vicino al mio, la posizione era molto scomoda ma la situazione meritava un sacrificio.
Ricominciai a baciare con maggior trasporto utilizzando tutta l’arte appresa, accarezzai le labbra con la lingua, mi introdussi dentro la bocca vellicando denti e gengive per poi saettare nel palato ingaggiando un duello frenetico con la sua, aspirandola, mordicchiandola e suggendola fino a farla trasalire e in quel miscuglio di salive e umori tutti i sensi si attivarono e quello che doveva muoversi iniziò a farlo alla grande. Spostai il bacino più avanti per mettere in contatto il suo viso con la mia crescente erezione.
L’indolenzimento del collo divenne insopportabile, sollevai il busto per rilassare i muscoli ma non rimasi inattivo. Posai le mani sui seni accarezzandoli attraverso il tessuto della maglia a girocollo che indossava, palpando e strizzando una meravigliosa esplosione di carne partendo dalle ascelle per poi premerli uno contro l’altro e arrivare a vellicarne delicatamente la vetta. Ogni volta che compivo quest’ultimo gesto allontanava le mani, ricominciavo da capo e fu un continuo rincorrersi fino a provocarmi una leggera irritazione perchè era indubbio che ne treva piacere e i continui gemiti stavano a testimoniarlo. Volli osare di più sollevando il bordo della maglia, le mani iniziarono a percorrere lo stomaco e il busto beandosi al calore del suo corpo. Indossava una leggera sottoveste permettendomi di avvertire la carne tesa e il guizzare dei muscoli in tensione, desideravo un contatto immediato con la pelle nuda e salii ad abbrancare i seni compressi in un reggiseno che mi parve un’armatura invalicabile. Cercai freneticamente un varco dove poter infilare le mani senza riuscirci, andai più in alto e finalmente potei accarezzare la parte superiore del seno fino al collo, tentai di penetrare sotto il reggiseno dall’alto ma riuscii solo con la punta delle dita a sentirne il calore e la morbidezza.
Fui assalito da uno stato d’ansia e insoddisfazione, avrei voluto liberare i seni, ammirarne la consistenza immaginandoli splendidi. sodi, enormi, pronti per essere divorati dalla mia bocca famelica. Lei era stesa e inerte, gli occhi sempre chiusi gemendo e godendo delle mie esplorazioni, ignara dell’ira repressa che mi pervadeva. Tenni allora una mano aperta sui seni come a misurarne a palmi la distanza premendo i capezzoli con le dita, resistendo ai suoi tentativi di spostarla, con l’altra sollevai la gonna e accarezzai le cosce inguainate dalle calze di nylon. Volevo la carne e finalmente la trovai al termine delle calze, una piccola porzione prima di incontrare la giarrettiera e le mutandine, pur ostacolato dagli elastici reggenti infilai la mano fin dove potevo accarezzando la pelle morbida e delicata. Mi chinai nuovamente a baciare la bocca, sentivo i seni che si sollevavano e abbassavano seguendo il ritmo del respiro sempre più affannoso. La mano immersa fra le cosce cercava e carezzava le pieghe più nascoste e volutamente sfiorò le mutandine nella parte che copriva i suoi più dolci segreti. Serrò le gambe e la mano rimase imprigionata di taglio fra le cosce.
Era esasperante, più mi prodigavo per soddisfare le mie e le sue voglie, più ostacolava come a voler impedire o ritardare quello che in realtà il suo corpo desiderava. Forzai la presa e l’indice si trovò adagiato fra le grandi labbra, trasalì come colpita da scossa elettrica afferrandomi il polso cercando di smuovere la mano dalla posizione nella quale si trovava. Resistetti ai suoi tentativi e rimanemmo così per molti secondi fino a quando la pressione diminuì liberando la mano.
Gemeva e ansimava ormai arrendevole, allargai lo spazio fra le cosce, scostai il bordo delle mutandine e con le dita percorsi tutto il solco per poi immergersi in un universo umido e caldo abbondantemente lubrificato. I suoi gemiti divennero lamenti, si irrigidì di colpo e fu percorsa da tremiti e convulsioni interminabili. Le dita si muovevano con estrema facilità esplorando con delicata sapienza ogni angolo della sua intimità. Agitò furiosamente la testa voltandosi verso l’erezione nel tentativo di morderla, ma la posizione non le consentì tanto e vi premette contro la guancia fino a deformarsi il viso.
Si acquietò lentamente e cadde in un deliquio lamentoso, i muscoli si rilassarono e proseguii l’opera senza incontrare ostacoli, tolsi la mano dal seno e le accarezzai il viso e i capelli per rasserenarla e condurla nei dolci attimi dell’appagamento finale.
Rimanemmo in silenzio per lunghissimi minuti, poi tolse la mano dalle cosce, si riasettò la gonna e la maglia, si sedette al mio fianco posando la testa sulla mia spalla con lo sguardo perso nel buio della notte e l’espressione trasognata. Si alzò, prese la mia giacca da lavoro e la distese nel prato davanti casa, sollevò la gonna fino alle anche, si stese e allargò le gambe. In un baleno slacciai i pantaloni e fui in ginocchio davanti a lei con l’erezione impaziente in mano. Mentre mi abbassavo un improvviso pensiero paralizzò i miei gesti. Eravamo a pochi metri dalla porta e se qualcuno l’avesse aperta ci avrebbe sorpresi in atteggiamento non certo equivocabile. Mi fissò sorpresa e interrogativa, decisi che aveva più motivi di me per essere preoccupata e se non lo era tanto valeva ignorare la cosa. Scostai le mutandine e penetrai la vagina in un sol colpo, mi aggrappai ai seni e spinto dai suoi incoraggiamenti il bacino iniziò un frenetico ballo accompagnato dalle sue mani che premevano i glutei. E venni in un tripudio di stelle che di colpo parvero muoversi festanti per accompagnare la mia estasi.
Volevo che durasse all’infinito e continuai ad agitarmi dentro di lei fino a quando l’erezione lo consentì, poi lentamente andò scemando e mi accascia sul suo corpo desiderando carezze e tenerezza. Mi scostò subito frantumando i miei desideri, si alzò e disse in tono iroso:”mi sei venuto dentro, cazzo!”. Aprì la porta e si chiuse in casa. Rimasi attonito e sbigottito a fissare la porta, mi chiesi inutilmente cosa avessi sbagliato, stetti immobile e speranzoso ad aspettare che ritornasse, ma le quattro mandate con le quali chiuse la serratura mi dissero il contrario. Allacciai i pantaloni, raccolsi la giacca e vi notai con disappunto macchie d’erba, mi diressi mestamente verso casa sperando che mia madre non me ne chiedesse il motivo.

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Lui & Lei

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