Un genero insofferente

“Che gran puttana che sei, Sara … mmmm … ma oggi te la sfondo questa ficona …… e non ti lamentare se dopo ti farà male… ahhhhhhh”
La cavalcata durò…”

Un genero insofferente

Sono una donna di una certa età, precisamente
di 64 anni, sono vedova da poco più di 10 anni, vivo nel mio piccolo paese di origine, in Molise. Ho due figli, Luigi e Federica, rispettivamente di 43 e 40 anni, entrambi sposati: Luigi vive a Roma, dove lavora in un ministero, mentre Federica, madre di due bellissimi bambini, fa l’insegnante in paese ed occupa un appartamento attiguo al mio. E’ come se fossimo un’unica famiglia in quanto gli appartamenti hanno una scala in comune. L’uomo di casa è mio genero Silvano, di 44 anni: un bell’uomo, con un carattere non proprio docile, che lavora presso un’azienda di servizi informatici poco fuori del paese.
Da quando sono rimasta vedova, la mia vita si è radicalmente ristretta all’ambito familiare. Mi sono completamente dedicata ai miei figli e alla casa, rinunciando anche a rifarmi una vita, nonostante le occasioni non mancassero. Ho represso in questi anni tutti i miei desideri, ma non nascondo che la mancanza di un uomo mi è pesata e mi pesa, anche se ormai è troppo tardi per ripensarci.
La nostra vita, mia e dei miei figli, scorre normalmente, con le normali vicissitudini quotidiane di tutte le famiglie. Essendo sola in casa, faccio tutto da me, ma in certe cose sono costretta a richiedere aiuto a mia figlia o a mio genero, ad esempio per le piccole riparazioni o per il disbrigo di alcune pratiche amministrative. Lo faccio con molta parsimonia, perché certe volte mi sembra di essere di peso quando chiedo qualcosa, soprattutto a mio genero che non si è mai sottratto alle mie richieste, ma qualche volta mi è apparso abbastanza infastidito o insofferente.
Almeno fino a due anni fa, d’estate, quando un giorno, appena Federica e Silvano erano rientrati dal mare con i bambini, io chiamai mio genero perché mi aiutasse a prendere uno scatolone pesante dall’armadio a muro. Lui, sicuramente stanco dopo una giornata di sole, salì da me direttamente in costume, ma sbuffando ed alquanto innervosito. Io me ne accorsi, ma feci finta di niente. Prese la scaletta dal ripostiglio, salì in alto e mi disse di avvicinarmi a lui per porgermi lo scatolone. Mi avvicinai alla scala e il mio viso si trovò in parallelo con il suo inguine. Senza volerlo, mi ritrovai in faccia il suo costume con il vistoso ingombro inguinale, feci finta di niente e, mentre si sforzava di tirare fuori la scatola dal ripiano, Alberto mi disse con una punta di ironia polemica:
“Certo è bello avere uno schiavo al tuo servizio?”
“E per te?”, risposi schiettamente con lo stesso tono, “non è bello avere la schiava che ti prepara i pranzetti e le cene?”
“Cucinare non stanca”, rispose subito lui, “come i lavori che mi fai fare tu”.
Continuammo a scambiarci battute di questo tipo, tra l’ironico e il risentito, ad un tratto mi venne di tagliar corto esclamando:
“Guarda che, se non la smetti di lamentarti, ti dò un morso proprio qui, sotto il costume…”.
E, senza pensarci molto, con un gesto sinceramente affettuoso, privo di ogni malizia, avvicinai le labbra alla protuberanza virile di mio genero, ben visibile sotto il costume, e mimai un piccolo morsetto.
Al che lui si girò di scatto e mi disse un po’ incazzato:
“Ma sei impazzita!? Lo sai che quello è un punto delicato!? Mi hai fatto anche un pò male….”.
“Lo so, lo so”, gli risposi con voce suadente cercando di recuperare il tono ironico dei quella conversazione, “scusami…. ti ho fatto male? …. aspetta un momento…..”
E, assumendo l’atteggiamento di una madre verso il proprio bambino, gli tirai giù il costume e gli diedi un bacio direttamente sul membro, sussurrandogli:
“Ecco, così ti passa la bua, piccolino!”
Ma quel bacio, obiettivamente ardito, ebbe l’effetto di una scossa elettrica, il pene di Silvano si sollevò istantaneamente. Mi ritrassi appena, sorpresa di quella reazione, ma sentii Silvano che mi poggiava una mano dietro la nuca risospingendo la mia bocca verso quel cazzo repentinamente inalberato.
Da una situazione creata scherzando ci trovammo così, d’un tratto, in un vortice di sensazioni incontrollabili. Senza alcuna remora aprii la bocca e cominciai a succhiarglielo facendo su e giù con il capo. E la cosa andò avanti così per due-tre minuti tra gemiti crescenti, fino a quando lui non mi sborrò addosso sulla maglietta.
Silvano si tirò su gli slip, mi porse dall’alto lo scatolone, quindi scese giù dalla scala. A quel punto ci guardammo negli occhi e, dopo un attimo di esitazione, scoppiammo a ridere tutti e due come ragazzini. Poi mi abbracciò, mi diede un bacio sulla guancia e mi disse:
“Sara, non c’è che dire, sei la migliore suocera del mondo. Sei veramente brava, e non solo in cucina!”
Gli diedi una pacca sulle sue natiche muscolose e quel giorno finì così, con una sorprendente disinvoltura da parte di entrambi. Dell’episodio non facemmo più parola, ma da quel giorno l’atteggiamento di Silvano cambiò radicalmente, divenne sempre pronto e servizievole ad ogni mio bisogno. Anzi molte volte era lui stesso a chiedermi se avessi bisogno di qualcosa.
Per circa un anno Silvano continuò ad essere disponibilissimo per tutte le mie richieste, ma col passare del tempo notai che stava tornando ad essere nervoso e scontroso. Una sera che avevo bisogno di lui per l’ennesima volta, lo affrontai guardandolo negli occhi e gli dissi senza giri di parole:
“Dimmi Silvano, hai bisogno che faccia io qualcosa per te?”
Sembrava che non aspettasse altro, mi rispose prontamente:
“Beh, certo, se mi regalassi un altro servizietto come l’anno scorso….” Gli sorrisi, chiusi la porta di casa, lo feci accomodare in poltrona, gli calai giù pantaloni e boxer e gli feci un pompino. Stavolta, però, per non farmi sporcare nuovamente la maglietta, mi feci venire in bocca. Ingoiai tutto e deglutii, trovai gradevole il sapore del suo seme. Lui subito dopo si ricompose e, come se niente fosse, ritornò fischiettando a casa da mia figlia.
Silvano uscì visibilmente soddisfatto, io invece restai un po’ turbata a riflettere sulla situazione. Sia pure a distanza di un anno, l’episodio si era ripetuto, mi chiesi se quella era la spia di qualcosa che non funzionava nel ménage familiare di mia figlia. Ma mi sorpresi a pensare che la cosa non mi dispiaceva affatto, che anzi mi aveva lasciata persino insoddisfatta: quel cazzo nerboruto di Silvano lo avrei voluto nella mia fica, che da più di 10 anni era rimasta inviolata.
Io sono molto religiosa, oltre che affezionatissima a mia figlia, e mi vergognai subito di questo insano desiderio. Ma ero tanto presa da questa voglia insospettata che, per la prima volta dopo tanti anni, sentii il bisogno di masturbarmi, introducendo nella mia più intima cavità un bel cetriolone che era lì in cucina in attesa di essere tagliato a fette per l’insalata.
Mi placai così, ma il godimento che provai nell’agitare l’ortaggio nella fica e nel rilasciare alla fine grumi densi di umore vaginale fu tale che mi convinsi che i miei doveri di madre non potevano sopprimere i miei diritti di donna, e che non era giusto rinunciare del tutto a quei piaceri che da tanti anni avevo semplicemente messo tra parentesi.
Peraltro, pensai, lasciar sfogare su di me le voglie sessuali di mio genero poteva essere un eccellente antidoto ad eventuali scappatelle cui lui poteva essere indotto, e dunque era a tutti gli effetti una polizza di assicurazione per mia figlia. Erano, ovviamente, ragionamenti ad usum delphini, costruiti per fornire un alibi morale alla mia cattiva coscienza, ma contenevano elementi di verità.
Sta di fatto che, dal giorno dopo, fui io a richiedere più spesso l’ausilio di Silvano. Lo facevo salire in casa da me anche per le cose più banali e, ogni volta, mi facevo trovare in abiti più generosi, se non proprio succinti, e non perdevo occasione per strusciarmi addosso a lui e per palpargli la muscolatura della braccia o delle natiche. Tanto che lui un giorno, facendomi l’occhiolino, mi disse:
“Ma che fai? Tocchi?”
Ed io, prontamente:
“Perché? È vietato? …. Guarda che, se vuoi, puoi farlo anche tu…”
Al che lui, sorridendo, prima mi allungò una sapida manata sul culo, poi si mise a pastrugnarmi le tette, esclamando:
“Beh, è giusto che sia così ….. in famiglia non ci devono essere limiti alla confidenza…”
E così, confidenzialmente, prendemmo l’abitudine a toccarci senza pudore e, piano piano, a baciarci sempre più appassionatamente. Era bella la naturalezza con cui limonavamo, ed anche la gradualità con cui ci rendevamo ogni giorno più audaci.
Mi aspettavo che mio genero fosse più intraprendente, invece mi dava l’impressione che si accontentasse di quelle moine e di qualche bocchino ogni tanto. Al contrario, la mia voglia e la mia impazienza aumentavano, ricorrevo sempre più spesso al cetriolone, invocando il giorno che avrei finalmente ricevuto quello di Silvano. E quel giorno non tardò a venire.
Una mattina che mia figlia e i suoi bambini erano a scuola mi decisi. Chiamai sul cellulare Silvano e, simulando una voce affannata, lo pregai di venire subito a casa perchè si era verificato un corto circuito nell’impianto elettrico. Silvano mi disse, con aria scocciata, che era impegnato e che non poteva interrompere l’importante lavoro di équipe che stavano ultimando.
Restai delusa e mi vergognai subito di quella mia folle trovata. Ma ero tanto arrapata che mi stravaccai sulla poltrona, mi aprii la vestaglietta di casa e, liberatami del reggiseno e delle mutande, mi masturbai come una forsennata.
Ma, proprio sul più bello, sentii bussare alla porta: Guardai allo spioncino: Silvano si era liberato ed era accorso tutto preoccupato. Aprii di corsa, incurante dello stato in cui mi trovavo, tutta accaldata, un po’ scarmigliata, seminuda, e lo assalii abbracciandola con foga. Lui restò per un momento di sasso, aveva davvero creduto al mio SOS, poi capì al volo in che stato mi trovassi e, sia pure dopo un iniziale impaccio, cominciò a palparmi le tette e le chiappe; poi fu trascinato anche lui dalla mia foia e si mise a succhiarmi furiosamente i capezzoli gridandomi in faccia:
“Che faccia da troia che hai, Sara! …. Sei già calda, eh? …. Ti stavi toccando, vero?”
“Sì, sì, Silvano ….- gli risposi concitata, cominciando a togliergli la giacca e la camicia- … Ti ho chiamato di corsa perché non ce la facevo più … mi sentivo di impazzire …..”
E, dopo che lui si era tolto freneticamente pantaloni e slip, gli afferrai il cazzo già vibrante ed esclamai:
“Guarda quant’è bello! ….. sai quanto è ancora più bello se me lo schiaffi dentro la mia fica! … ti prego, vieni, montami, chiavamiiiiii!”
Lo trascinai su di me sul divano, aprii le cosce e lo attirai dentro di me. Dio che colpi di pistone! Che sensazione inenarrabile! Mi sentii come se mi sverginassero per la seconda volta.
Silvano mi cavalcò con grande impegno, dando prova di tutta la sua prestanza e lasciandosi andare alle espressioni più volgari:
“Aaahhh…. sììììììì ….. che gran puttana che sei, Sara … mmmm … ma oggi te la sfondo questa ficona …… e non ti lamentare se dopo ti farà male… ahhhhhhh”
La cavalcata durò quattro-cinque minuti e si concluse con una emulsione fluviale che mi allagò la fica, scorrendo poi in piccoli rivoli lungo le cosce. Poi Silvano si ritrasse e si abbandonò sullo schienale del divano per rilassarsi, commentando ad occhi chiusi:
“Dio, ne avevi di fame arretrata!…. a momenti me lo risucchiavi dentro l’utero!”
Al che gli risposi:
“Non pensi che anche una povera donna della mia età abbia diritto ad un po’ di sollievo?…. piuttosto, non mi dirai che ti si è già esaurita la carica?”
Silvano si girò verso di me e, con la fronte aggrottata, mi disse con aria pensierosa:
“Perché? L’intervento di urgenza non basta? …. Guarda che mi sono preso un permesso breve, devo rientrare in azienda!”
“E tu vuoi -gli risposi subito in tono ironico- che un’occasione così la sprechiamo per una sveltina?… su, alzati e andiamo sul letto, che stiamo più comodi!”
Mi seguì un pò frastornato, il cazzo ancora gocciolante di sperma pendeva verso il basso. Mi allungai sul letto a cosce larghe esponendo senza pudore la mia ficona pelosa ancora umida e gli dissi sfidandolo:
“Non vedi come ti desidera!…. e tu te ne andresti via lasciandomela così ancora affamata?!”
Si distese al mio fianco e, quasi scusandosi, mi fece osservare con un gesto eloquente che il suo arnese era momentaneamente in disarmo e che avevo bisogno di un po’ di tempo per riaversi. Gli sorrisi e gli dissi suadente:
“Lascia fare a me!”
Mi rigirai e mi piazzai più in basso, in mezzo alle sue gambe, con la faccia all’altezza del suo inguine, e cominciai a succhiare quel cazzo ancora molle, poi scesi a leccare le palle, e poi ancora più giù sino a titillare con la lingua il buco del suo culo. Brividi di piacere cominciarono a percorrere il corpo di Silvano, cominciò ad agitarsi convulsivamente. Il trattamento funzionava, continuai ancora per un paio di minuti, in breve il cazzo tornò ad imbizzarrirsi, lui stesso ne rimase meravigliato ed esclamò inorgoglito:
“Sei la più brava delle troie, Sara!”
Tornai a sdraiarmi e ad allargare le cosce per ricevere di nuovo il mio ospite, e difatti Silvano non perse tempo a buttarmisi addosso e ad infilzarmi di nuovo con la sua notevole scimitarra. Ora che era ricaricato, quel cazzo esprimeva il massimo della sua vigorìa, mi faceva delirare e sbrodolare:
“Dai, dai, montone mio ….. sìììì …. cosììììì ….. squassami la ficaaaa ….. rompimi tuttaaa…..”
Una cavalcata davvero memorabile, non so quante volte venni. Ad un certo punto mi rilassai e lui si sfilò giacendomi a fianco, col cazzo ancora impennato. Lui non era venuto, non l’avrei fatto andare senza svuotare di nuovo il suo serbatoio. Glielo dissi:
“E mica te ne puoi andare via senza lasciarmi quel bendidio….”
Mi sorrise con un ghigno malandrino e mi disse:
“Mmmm …. lo vuoi veramente? ….. non credi che ormai la fica ne abbia avuto abbastanza?….”
Intuii che voleva altro e lo capii distintamente quando, subito dopo, mi sospinse a girarmi a pancia in giù. Lo prevenni avvertendolo subito:
“Ehi ehi …. calma …. con quel bestione il culo me lo strappi!”
E lui, cinicamente:
“E non è quello che vuoi?”
Ero sinceramente preoccupata, il culo glielo avevo dato poche volte a mio marito buonanima, ma ora, dopo tanti anni, si era ristretto, era come fosse vergine. Silvano mi accarezzò le chiappe e, per rassicurarmi, mi chiese di poter utilizzare qualche crema. Gli dissi di aprire un tiretto della colonnetta vicino al letto e di prendere il tubetto della crema che usavo per le mani. Lui mi cosparse l’unguento sull’ano e, dopo averne spalmato anche un po’ sul glande, portò il cazzo scalpitante all’imbocco del culo e cominciò a spingerlo dentro, prima lentamente, poi con un colpo sesso, che mi fece trasalire.
Sentivo dolore, ma me l’ero cercata e non potevo lamentarmi; Silvano mi stava letteralmente spaccando in due, temevo mi facesse sanguinare. Per fortuna, la sensazione di dolore andò attenuandosi fino ad essere del tutto sostituita da un godimento lancinante e pervasivo, un piacere mai provato prima. Colpi sempre più devastanti aprivano le pareti dello sfintere, ma a me sembrava che cadessero le pareti della stanza. Cominciai a dimenarmi come un’ossessa urlando come una pazza:
“Sì amore mio, continua così ….. sìììì …. spaccami il culo come la peggiore troia …. sìììì … sono la tua troia ….. ancora, ancoraaaa …..”
Silvano mi cavalcò con furia e si accanì dentro il mio culo come volesse davvero sfondarmi l’intestino. Poi la sua resistenza raggiunse il punto limite e, con un urlo spaventoso, mi scaricò nelle viscere un torrente di sborra, che accolsi come il più desiderato degli emollienti e dei lenitivi.
Si sfilò e ricadde di fianco a me, poi guardò l’orologio sul comò e si levò come un razzo:
“Dio, com’è tardi! ….. scusami, ma devo tornare subito in azienda!”
Si rivestì in due minuti e volò via, lasciandomi ancora nuda e disfatta sul letto. Restai ancora lì per un quarto d’ora a riflettere e a riprendermi, con le mani dietro le chiappe nel tentativo di attenuare il dolore che quell’inculata senza freni mi aveva lasciato. Mi sentivo tutta slabbrata, chissà come avrei camminato col culo spanato; ma mi sentivo contenta, a 62 anni la vita aveva preso a correre all’indietro.
Nei giorni successivi Silvano, come al solito, fece finta di niente. Capivo che la sua non era pigrizia, lui aveva comunque mia figlia con cui scopare quotidianamente, io ero per lui un di più, toccava nuovamente a me di prendere l’iniziativa e creare le occasioni giuste.
Ma, al punto in cui ero, non avevo più remore e, pur di godermi quel suo cazzo portentoso, ero disposta a inventarmi ogni cosa, senza alcun rimorso verso la mia amata figlia. Avevo o no anch’io diritto ad un po’ di sollievo?

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