“Il caldo e l’ultima sessione di esami alle porte non giocano di certo a favore di Vincenzo, che cerca disperatamente di capire il senso dell’ultima frase…”
E’ un caldo pomeriggio di luglio e l’appartamento 8 della casa dello
studente è stranamente silenzioso. Il caldo e l’ultima sessione di esami alle porte non giocano di certo a favore di Vincenzo, che cerca disperatamente di capire il senso dell’ultima frase letta senza farla scivolare di nuovo via, almeno dopo il terzo tentativo. Emanuele sulla scrivania accanto è intento a prepararsi la decima sigaretta della giornata e lecca la cartina con precisione mentre siede in pantaloncini e infradito, con le gambe distese su una sedia di fronte. La sua maglietta è leggermente sudata per il caldo e aderisce ai suoi pettorali definiti facendolo sentire ancora più accaldato. Ogni tanto cerca di staccarla dalla pelle con una mano. Nella stanza a fianco Franco è sdraiato sul letto a guardare un po’ di TV in mutande. Nonostante l’afa, Silvan è chiuso da un’oretta nella sua camera con Elisa, dell’appartamento 9, e i rumori che ne vengono fuori non lasciano certo spazio a dubbi su cosa stiano facendo. Quello in cucina affannato sono io, e sto lavando i piatti dopo aver preparato il pranzo per tutti. Il caffè nel frattempo sbuffa sul fuoco e corro a versarlo nelle tazzine per portarlo ad ognuno in camera. Devo sbrigarmi perchè poi mi tocca lavare a mano i calzini e le mutande di tutti entro le 16, l’orario che mi è stato ordinato di rispettare perchè dopo partono i servizi di schiavitù personalizzati e i tempi sono rigidamente contingentati fra i quattro miei coinquilini.. oh… scusate… i miei padroni. Ma facciamo un passo indietro, così vi racconto come mi sono ficcato in questa situazione surreale.
Cinque mesi fa ho vinto la borsa di studio ed un alloggio gratuito. Al mio arrivo vengo accolto da Vincenzo, un ragazzo slanciato e ben fatto, dai modi amichevoli ma allo stesso tempo decisi. Mi presenta anche agli altri e quella sera festeggiammo insieme fino a notte fonda. Tutto mi faceva credere che mi sarei divertito moltissimo con loro in quell’anno ma le cose presero ben presto una piega inaspettata.
Un pomergiggio mi ritrovai solo a casa con Vincenzo che guardava divertito la TV, disteso sul divano e sorseggiando una birra. Io studiavo nella mia stanza e ad un certo punto vengo interrotto da una sua richiesta di raggiungerlo in camera perchè dovevo vedere una cosa divertente. Mi sedetti accanto a lui, approfittando di un angolo di divano che si era liberato perchè aveva piegato le gambe. Guardammo insieme il programma ridendo divertiti. Si era creata molta complicità e lui dapprima stese le gambe su di me accavallandole e poi con noncuranza poggiò i suoi piedi nudi sulle mie cosce. Venni immediatamente invaso da un’eccitazione mai provata prima. Mi sentivo completamente rapito dal contatto dei suoi piedi con le mie gambe. Erano leggermente sudati e potevo chiaramente sentirne l’odore; buonissimo; di venticinquenne pulito e in pieno vigore.Non mi trattenni e sullo sfondo di quelle gambe un’erezione cominciava a svettare incontrollata; era la mia e con imbarazzo cercavo di nasconderla con non molto successo. Allora Vincenzo, per niente stupito dalla scoperta, continuò a guardare la TV ma spostando lentamente il piede sul mio cazzo, calpestandolo e muovendolo su e giù. Stavo scoppiando dall’eccitazione, era la prima volta che un altro ragazzo giocava con il mio pisello con i piedi e l’emozione fu tale da farmi venire in pochi minuti. La chiazza apparve presto sui pantaloncini e Vincenzo, sentendo l’umido con il piede, distolse lo sguardo dalla TV e mi guardò con un sorrisetto di interesse sul volto. Aveva trovato quello che cercava e adesso ne aveva le prove. Ruppe il silenzio e disse: credo che quello non sia il posto adatto a te. Io, tra l’imbarazzato e il confuso risposi: “in che senso scusa?”. “Il tuo posto è a terra, come si addice agli schiavi. E’ il punto migliore per servire il proprio padrone”. Sorrise in modo complice ma con occhi severi. Non sapevo bene che fare ma l’istinto mi portò ad obbedire in modo quasi automatico e mi sedetti sul pavimento sotto di lui. Si mise seduto sul divano e poggiò i piedi sulle mie cosce ma questa volta tenendo la mia testa fra le sue gambe. Con la mano giocava con i miei capelli, come se fossi un oggetto e continuava a guardare distrattamente la TV. Non potevo vedere cosa succedesse alle mie spalle; l’unica cosa che potevo percepire erano i suoi piedi addosso, la sua mano sulla testa e l’altra che si muoveva dietro la mia nuca, si stava toccando. “In ginocchio, forza. I miei piedi hanno bisogno di una bella rinfrescata” mi disse. Mi misi lentamente in ginocchio ma non feci in tempo a girarmi che con un piede spinse la mia testa vicino al pavimento. La mia faccia era vicino all’altro piede ma non sapevo bene cosa fare. “Avanti datti da fare, lecca!” Tirai fuori la lingua e assaporai il gusto salato del suo sudore. Il piede era caldo ed emanava un odore di maschio. “Devi ripulirli tutti e due a fondo con la lingua, devi imparare a riconoscere i piedi del tuo padrone.” Mi diedi da fare, mi sentivo completamente soggiogato da lui. Sapevo solo che ogni ordine che mi veniva impartito doveva essere eseguito subito, senza esitare. Dopo che ripulì ogni centimetro dei suoi piedi dal sudore di quel caldo pomeriggio, Vincenzo mi ordinò di stendermi con il viso in su. Poggiò entrambi i piedi sul mio viso, e riprese a sorseggiare la birra mentre guardava la TV.”Vedi, gli odori e i sapori che sentirai saranno gli unici che potrai sperimentare da domani. ” Detto questo allargò leggermente i piedi, in modo da scoprire il mio naso e parte della bocca, raccolse sonoramente uno sputo e lo lasciò grondare lentamente dalla sua bocca sulla mia ancora chiusa. Ci strofinò il piede sopra. “Forza, ripulisci lo sputo dal mio piede. Fallo minuziosamente, gli umori del padrone sono preziosi e non vanno sprecati.” Ormai la mia lingua era allenata dalla precedente ora passata a leccare via ogni goccia di sudore; mi avventai quindi avidamente sul nuovo liquido assaporandone tutti i sentori, fissando nella mia mente in modo indelebile il gusto di saliva, la sua saliva mista al muco, dolciastri e collosi. Prosegui ancora per una mezz’ora con questo gioco, mi sputava in faccia, poi passava i piedi sullo sputo; a volte spingeva quel succo nella mia bocca con l’alluce, altre mi ordinava di ripulirlo dalla pianta dei suoi piedi oppure di tenere ben aperta la mia bocca perchè potesse comodamente sputarci dentro, ma senza ingoiare; quello avrei dovuto farlo solo ad un suo ordine. il mio compito in quei casi era quello di fare da contenitore di quello che avesse deciso di versare nella mia bocca. Fu in uno di questi momenti che, disteso a terra, con la bocca spalancata e piena di sputi, vidi il mio padrone alzarsi in piedi. Salì sul mio torace con un piede, poggiando l’altro sulla mia fronte e cominciò a segarsi vigorosamente. Da quella posizione vedevo tutta la grandezza del mio padrone che mi sottometteva facendo cadere gli schizzi della sua sborra nella mia bocca e su tutto il viso. Mi sentivo completamente inondato dai suoi umori mentre vedevo dal basso lui che godeva su di me e imploravo con gli occhi di potermi dissetare di nuovo di lui. Dopo aver scaricato tutto su di me, con fare distratto scese dal mio corpo e si rimise le infradito. Con un piede fece pressione sulla mia mandibola. Era il segno che potevo ingoiare tutto. Fece per uscire dalla stanza ma poi tornò indietro e mi disse: “Ah, dimenticavo, datti una ripulita che devi cominciare le tue faccende di casa. Ovviamente vale quello che ti ho detto prima, i miei umori non vanno sprecati, neanche una goccia. Per questo sciacquati il viso con quel catino. Non riempirlo con troppa acqua perchè alla fine dovrai berla tutta.” Feci come diceva, sciacquai il viso dagli sputi e dalla sborra e poi portai il catino alla bocca, bevendo l’acqua tutta di un fiato. (continua…)
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