Schiavo universitario 3/3 – sottomissione totale

“Il nettare del padrone è sacro…”

Finalmente mi addormentai ma qualche ora dopo, verso le 5 del mattino,
una sveglia assordante mi costrinse a destarmi. L’aveva messa lì Vincenzo; mi ricordai allora della lista che mi diede il giorno prima in cui c’era scritto che dovevo preparare la colazione per tutti senza fare rumore per non svegliarli. Corsi allora fuori dal ripostiglio e notai qualcosa di strano che pendeva dalle maniglie delle porte. Mi avvicinai e vidi che erano tanti preservativi pieni di sborra annodati. Sotto ognuno, un biglietto. Vincenzo scrisse: “bella scopata stanotte. Ecco la tua colazione”. Sulla porta di Emanuele invece c’era scritto: “Voglio che la bevi direttamente dal preservativo. Oggi indosserò le converse, fammele trovare pulite per colazione”. Franco invece: “Dopo che ti sarai saziato lavati bene i denti e portami la colazione. Uova strapazzate e bacon…ah porta anche un imbuto”.
cercai di memorizzare tutte le loro richieste e poi mi misi all’opera. Aprì i preservativi e ne versai il contenuto direttamente in bocca. Ero deliziato dai sapori diversi del loro sperma. Quello di vincenzo era dolciastro, quello di franco dal sapore più deciso, quello di Emanuele più salino e denso. Ivan invece ne aveva prodotto in quantità industriale. Erano il frutto delle scopate con le loro ragazze e questa idea mi mandava in estasi. Li succhiai tutti senza lasciarne una goccia e contento corsi a preparare le colazioni, ovviamente tutte diverse.
Indossavo solo la maglietta. Niente pantaloni, mutande o altro. Tornai nello sgabbuzzino e cominciai a pulire le converse con la mia maglietta per 15 minuti, utilizzando la mia saliva per inumidire le macchie più difficili. Finito il lavoro, presi il vassoio con la colazione di Emanuele e bussai alla sua porta con timore reverenziale. Dall’altra parte si sentì un assonnato “Entra”. trovai Emanuele seduto sul letto che si stava svegliando. “Dammi la colazione”. Gliela porsi inginocchiandomi davanti a lui. “A quattro zampe, sbrigati”. Emanuele poggiò il vassoio sulla mia schiena e mi usò come tavolino. Mentre mangiava mi disse: “Tieni, questi sono i miei calzini che ho usato ieri per andare a correre, puliscili bene mi raccomando” Detto ciò, li sfilò dai piedi, li appallottolò e li infilò nella mia bocca. Dovetti stare in quella posizione fino a quando non finì di mangiare. Andò a fare la doccia e al rientro mi obbligò ad infilargli i calzini puliti e le converse appena tirate a lustro. Soddisfatto del servizio e vestito per la giornata si avvicinò a me che stavo in ginocchio davanti a lui, mi sputò in faccia e andò via.
Aspettai che uscisse per ripulirmi il viso con la mano, attento a rispettare la regola dei padroni che mi prescriveva di mandare giù ogni goccia dei loro fluidi. Ero in ritardo per la colazione di Vincenzo e corsi in cucina a prendere il suo vassoio. La porta era socchiusa, così entrai in stanza dicendo “Buongiorno padrone, la colazione è servita”. “Poggiala sul comodino e sdraiati a terra di fianco al mio letto” obbedì velocemente e mi misi in attesa. Dopo cinque minuti Vincenzo si alzò sedendosi a bordo letto e poggiando i suoi piedi sul mio torace ed il viso. Con fare grezzo afferrò il suo toast e si mise a mangiare assonnato. “Buona la mia sborra vero? Devi leccare meglio i piedi di tutti…ieri sera non hai soddisfatto Franco. Se ti comporti bene potrai avere l’onore di ricevere il mio carico direttamente dal mio uccello”. Annui servizievole. Si alzò calpestandomi e andò a fare la doccia. Al suo ritorno lo aspettavo per vestirlo e una volta finito mi misi in ginocchio ai suoi piedi in posizione di attesa. Poggiò quindi la sua scarpa sulla mia spalla per stringere meglio i lacci e andò via dopo avermi dato il trattamento che meritavo, sputò sulle sue infradito e mi lasciò in stanza a recuperare con la lingua il prezioso liquido.
Era il turno di Franco, il padrone voleva che andassi da lui con la bocca pulita e quindi lavai i denti a fondo. Gli piaceva utilizzare oggetti puliti ed io non facevo eccezione. Entrai con il vassoio e un imbuto in mano. Non avevo ben chiaro a cosa servisse quell’oggetto.Franco si era già alzato e stava controllando alcuni calcoli per l’esame di quel giorno. “Posa il vassoio sulla scrivania e vieni a succhiarmi il cazzo, oggi sono nervoso per l’esame e ho bisogno di svuotare le palle per distendermi.” Mi misi sotto la scrivania e succhiavo il cazzo a Franco mentre lui faceva colazione. Dopo dieci minuti, con un boccone ancora in bocca, franco emise un verso di godimento e riversò la sua sborra direttamente nella mia gola premendo la mia testa contro il suo pube. Memore degli insegnamenti del giorno prima ripulì il suo cazzo con attenzione e feci la stessa cosa con gli schizzi che non riuscì a trattenere e che finirono sui suoi piedi. Per fortuna nessuno cadde sul pavimento. Franco controllò che avessi ripulito tutto e mi disse “infilati l’imbuto in bocca”. Un po’ confuso dalla richiesta, eseguì. “Mettiti seduto a terra vicino al muro e rivolgi la testa verso l’alto. Lo feci e rimasi in attesa mentre lui finiva i suoi calcoli incurante di me. Dopo 10 minuti chiuse il libro e si alzò venendo verso di me. Tirò fuori l’uccello dalle mutande e lo puntò verso l’imbuto. “Vedi, ti ho chiesto di lavarti i denti perchè la tua bocca deve essere degna di ricevere il mio piscio del mattino. Il mio orinatoio deve essere perfettamente pulito.” sorrise sadico e alzò il capo verso l’alto come per godersi la pisciata. Con una mano indirizzava il getto mentre con l’altra si poggiava al muro. Capì solo allora a cosa servisse l’imbuto. Dovendo bere tutto il piscio, non ce l’avrei fatta a farlo sul momento. Cercai di ingoiare il più velocemente possibile ma il livello dell’urina cresceva nell’imbuto perchè non riuscivo a smaltire il piscio in tempo. Franco si accorse della mia inefficienza abbassando lo sguardo e con gli occhi pieni di disprezzo: “non ti azzardare a far cadere neanche una goccia, ciuccia più veloce troia, non lo voglio un orinatoio otturato”. Mi diedi da fare e ingoiai con fatica tutta la sua pisciata. Quando finì, come si fa spesso nei cessi pubblici, sputò dentro l’imbuto. Rimasi lì con la bocca aperta in attesa di suoi ordini. Lui, indifferente, andò a fare la doccia. Al suo ritorno schioccò le dita ed io capì che dovevo infilargli le scarpe, baciargli i piedi e andare via.
Mi lavai per presentarmi pulito e utilizzabile da Silvan. Purtroppo era già uscito ma lasciò un biglietto sul letto. “Visto che non siamo a casa non vogliamo che resti assetato. Ho pisciato nella tua ciotola, nel caso ti venisse sete più tardi.” stavolta non avevo bisogno di istruzioni. Andai in cucina e vidi la ciotola piena del piscio di Silvan. Ormai ero completamente soggiogato e senza che mi venisse ordinato mi affrettai a ripulire gli schizzi di urina sul pavimento attorno alla ciotola con la lingua. Il nettare del padrone è sacro. Io una nullità.

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BDSM

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