48 ore di “cum control” (1)

“Gli allargo le gambe, in modo perentorio…”

E’ giovane, non bellissimo ma delicato, elegante, a suo modo estremamente sensuale.
Ha una bocca carnosa, molto femminile. E’ accanto a me, in macchina. Come da accordi, in assoluto silenzio. Visibilmente emozionato, un po’ sudato. Ha un buon odore, il ragazzo promette bene. Ha 22 anni, esattamente trenta meno di me.

L’ho conosciuto poche ore fa, su Annunci69. Ha risposto entusiasta al mio messaggio: “cerco un giovane segaiolo desideroso di subire ‘cum control’ da un vero esperto”. Mi ha detto che è esattamente questo il suo più grande desiderio, trovare un educatore che lo spinga al limite nel tormento dell’orgasmo rinviato. Lo ha trovato. E io ho forse trovato la mia preda perfetta, vedremo.

Mi inoltro in una stradina, verso il mare. “Zona isolata, vero?”. Lo dice sorridendo, ma anche un po’ preoccupato. Ha le sue ragioni. In fondo, potrei anche essere un killer omicida. Ma si accorgerà presto che le mie manie sono altre.

Raggiungiamo un resort fatto di appartamenti indipendenti, situati in un gradissimo uliveto a strapiombo sul mare. Scendo dall’auto da solo, consegno i documenti miei e del ragazzo. Come concordato, il concierge mi indica l’appartamento. L’ultimo in fondo alla campagna, a picco sul mare, il più isolato di tutti. Credo anche il più bello.

Rientro in macchina. E’ venerdì sera, inizio autunno, un po’ desolato ma bellissimo, con il vento ancora tiepido. Mi inoltro nel buio. Fermo l’auto a fianco all’appartamento, una sorta di bungalow liberty, stile architettonico un po’ confuso ma lo scenario è magnifico. Senza ancora scendere dalla macchina, prendo due corde e una mascherina nera, per bendare gli occhi.

“Indossala, mentre ti lego le mani”.
“Adesso? Non è meglio entrare prima in camera?”.
“La categoria del ‘non è meglio’ non ti compete, almeno non qui. Nelle prossime 48 ore sarai il mio giovane animale. E’ questo l’accordo, se non te la senti si torna a casa senza problemi”.
“No, no, va bene, ci sto”.

Lui indossa la maschera, tremando un po’, ma con diligenza. Quindi gli lego i polsi. Mi fermo ad ammirarlo. Il suo candore, la sua bellissima bocca rossa, nella macchia scura della campagna, e del mare.

Di forza, gli abbasso i pantaloni e gli slip fino alle ginocchia. Mutande nere, lucide, un po’ da cafoncello di buona famiglia, come ce ne sono tanti. Sul bordo dell’elastico c’è scritto: “MAN”, in stampatello. Mi scappa un sorriso. Ho voglia di infierire. Mentre gli bacio dolcemente la guancia, e poi l’orecchio, gli sussurro:

“man sulle mutandine… eppure non sembri affatto virile, adesso”. Inizia ad ansimare. Il suo cazzo, molto modesto nelle dimensioni ma esteticamente perfetto, si fa improvvisamente durissimo.

Gli annuso la bocca, profuma di innocenza ma lui non lo è già più. Lo bacio, con molta delicatezza. Lui però apre le labbra, mi offre subito la lingua, cerca la mia bocca in modo compulsivo. Così aperta e affamata, sembra la bocca di una vera troia.

E’ tempo di forzare la mano. Gli allargo le gambe, in modo perentorio. “A cosce aperte, così mi piaci”. Infilo due dita nella sua bocca, attendo che si riempiano di saliva, quindi inizio a passarle intorno ai testicoli. Il contatto umido lo eccita. Il cazzetto è ormai di marmo, le palle già gonfie.

Prendo un’altra cordicella, morbida, setosa. La faccio scorrere sotto i testicoli e sopra il pene. la ripasso poi sotto e in mezzo, a dividere un po’ un testicolo dall’altro. Quindi stringo, all’improvviso. E’ un laccio studiato, equilibrato. Sottile, non occupa spazio. Non tanto angusto da farlo soffrire, ma abbastanza da renderlo oltremodo sensibile.

Il giovane animale ora è pronto.

Lo faccio scendere dall’auto, con gli occhi bendati, le mani e il cazzo legati, e i pantaloni e le mutande con la scritta “man” che gli cadono sotto le ginocchia. E’ talmente emozionato che devo accompagnarlo passo dopo passo, fino all’uscio dell’appartamento. “Siamo soli, vero?”, mi chiede mentre barcolla imbarazzato. Non gli rispondo, anzi. Lo tirò un po’ in avanti, prendendolo per il cazzetto che nonostante il disagio – o forse per quello – resta di pietra.

Siamo alla porta del bungalow. Io e lui. Attendo. La porta si apre. Ci accoglie un sorriso radioso, come di bimbi dinanzi al Natale. Anche lei ha una bocca così graziosa, così rossa. Come quella di lui, solo più bella. Una fidanzata, eppure sembra la sorella. Con aria complice, mette il dito in verticale, a un pelo dal nasino lungo e sottile. E’ la nostra promessa del silenzio. La promessa di una complicità perversa, con lui del tutto ignaro.

Entriamo. Lei chiude la porta a chiave, tre sonore mandate. Ho il cazzo durissimo, ora, e progetti da lurido porco. Sotto lo sguardo della sua ninfa, per 48 ore, farò impazzire questo giovane animale.

—- continua —–

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BDSM

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