Il mio nome è Lucilla e durante la mia vita mi capitò di vivere tre anni in coma profondo, un incidente stradale mi ridusse ad una larva e quando inaspettatamente e inspiegabilmente, in quella calda estate di dieci anni fa, mi risvegliai, non seppi riconoscere nemmeno una delle persone care che mi giravano attorno. Colui che mi chiamava mamma dicendo di essere mio figlio, mi disse anche di chiamarsi Alberto, era un bel ragazzo e un po’ mi assomigliava pure, gli chiesi se era figlio unico e lui mi comunicò che c’era anche Massimiliano che aveva diciotto anni, lui invece era due anni più vecchio. Domandai dov’era il loro padre, ovvero mio marito e loro mi confessarono mestamente che non c’era più perché era morto in quel fatidico incidente. Rimasi ancora più di un mese in ospedale, durante il quale mi controllarono e monitorarono di continuo; dovetti fare moltissima ginnastica rieducativa e finalmente mi dimisero. Avevo una bella villa e venni pure a sapere dai miei genitori che la nostra famiglia era molto ricca per via del babbo, che era un danaroso proprietario di industria. Le uniche cose che la mia memoria non aveva cancellato erano le abitudini quotidiane, il leggere e lo scrivere e poi ero ancora capace a cucinare e conoscevo il significato di moltissime cose. I medici specialisti mi dissero che sarebbe occorso parecchio tempo ma che al novantacinque per cento avrei riacquistato la memoria. Nel frattempo conobbi anche l’altro mio figlio e notai che lui era del tutto simile a mio marito, ovvero l’uomo che dicevano essere stato colui con il quale avevo convolato a giuste nozze. Massimiliano era comunque un bel ragazzo, da poco diciottenne, alto sul metro e ottanta abbondante, bruno, viso da bastardo buono, occhi neri intensi e profondi, un bel fisico da atleta, insomma un gran bel gnocco. Alberto era molto diverso invece, pur essendo anche lui un bel giovanotto, assomigliava molto a me, castano chiaro occhi azzurri come i miei, un viso, diciamo, più effeminato, meno macho di suo fratello, di statura era più o meno alto come Massi ma fisicamente era più massiccio e robusto di lui. Certo che il fatto di essere la loro mamma, era per me una sensazione strana e quasi incompatibile in quel momento, con la mia situazione psicologicamente precaria del momento. Non capivo il perché, ma in teoria avrei dovuto sentire una certa attrazione filiale nei loro confronti e invece non provavo proprio nessun tipo di affetto, niente di niente, per me erano degli estranei che abitavano in casa mia. Mi aspettavo quasi che da un giorno all’altro se ne andassero, come se in quella abitazione ci stessero provvisoriamente in vacanza, pronti per far ritorno a casa propria. Durante quella mia prima giornata a casa successe un fatto che mi turbò ulteriormente. Per naturali motivi fisiologici ebbi necessità di andare in bagno e quando vi entrai, credendolo vuoto, trovai i miei figli, davanti allo specchio, entrambi integralmente nudi. Uscii balbettando qualche scusa e mi allontanai con il viso in fiamme dalla vergogna. Massimiliano si affacciò all’uscio e mi chiamò indietro, dicendomi di non preoccuparmi che loro non avrebbero sicuramente badato a me. Già, forse prima dell’incidente, a casa nostra si era liberi, senza tabù di alcun genere, magari chissà quante volte li avevo visti in costume adamitico. Titubante rimasi per qualche secondo ferma in corridoio, volgendogli le spalle, poi presi coraggio, mi voltai e rientrai in bagno, mi scusai ancora senza nemmeno sapere il perché e poi mi infilai dietro al muretto che divideva il bagno dal wc e mi sedetti sulla tazza. Feci la pipì controllando il getto dell’urina in modo da non far troppo rumore, poi mi pulii con la carta igienica e rimanendo seduta sporsi timidamente il capo e li guardai. Certo che erano i miei figli, ma io sentivo ugualmente uno stranissimo prurito che mi scorreva veloce nelle vene. Alberto si girò verso di me e io tirai immediatamente la testa indietro, poi dovetti uscire allo scoperto e così gli passai dietro e me ne andai. L’unica cosa che ero riuscita a vedere distintamente era il loro sedere, più muscoloso Massimiliano e più tondo e sporgente quello di Alberto. Due culetti che facevano venire la voglia di dargli qualche bel pizzicotto. Il secondo giorno, venne mia mamma e ci preparò un pranzetto succulento, parlammo tutti e quattro a lungo ed io scoprii molte cose che non sapevo. Dove avevo conosciuto mio marito quando ci eravamo sposati e poi seppi anche che Massi studiava ancora mentre Alberto lavorava come responsabile agli acquisti in una azienda che commercializzava all’ingrosso tutto il materiale per cine/foto/ottica, insomma in poche ore acquisii un sacco di notizie per me molto importanti e interessanti.
Mi accorsi che pur rimanendo seduta, la mia resistenza fisica era ancora molto limitata e che non riuscivo a stare sveglia per periodi più lunghi di due o tre ore e così quel pomeriggio, dopo il corso accelerato di aggiornamento famigliare, mi buttai sul letto e mi addormentai come un sasso. Mi svegliai, guardai l’ora, erano le diciotto, mi stirai e poi pigramente, decisi che sarei rimasta ancora un po’ nel letto a riposare. Dopo una buona mezzora mi svegliai ancora e allora accesi la luce del comodino e mi sollevai a sedere, appoggiai la nuca alla testiera del letto e spostai il lenzuolo che mi faceva percepire ancora di più il caldo torrido che c’era in quella stanza. Rivolsi il mio pensiero ai miei ragazzi e mi accorsi che mi tornavano stranamente in testa completamente nudi. Forse questo strano pizzicorio che sentivo dentro era dovuto ad un fatto certo, erano più di tre anni che, a livello sessuale, il mio corpo non riceveva nessun tipo di attenzione. Distrattamente le mie mani si mossero a sfiorare il seno e in quel momento, nel cervello si manifestò un flash, una bocca che mi succhiava i capezzoli, durò una infinitesima frazione di secondo e scomparve. Presi il mio capezzolo destro tra il pollice e l’indice, lo tirai un po’, che meravigliosa e piacevole sensazione; provai con l’altro e fu la stessa inebriante percezione. Lisciai la pelle del ventre a lungo, quindi mi trastullai infilando le dita sui peli ricci e spessi del mio monte di venere, poi infilai il dito medio a schiudere le labbra della mia morbida feritoia e a questo punto, un altro brevissimo flash, un viso maschile fra le mie gambe spalancate e la lingua che lambiva la mia più nascosta intimità. Aprii meglio le gambe e con il medio e l’anulare sfiorai il clitoride, una dolcissima fitta di intenso piacere mi avvolse, ci giocai un po’, per imparare nuovamente a conoscere i punti più importanti della mia assopita sessualità. Quando le mie dita scesero più in basso, sentii un liquido caldo e scivoloso bagnarmi i polpastrelli, allora, velocemente precipitai verso la mia apertura. Le stesse dita autonomamente si piegarono e si infilarono all’interno, intesi una straordinaria sensazione di piacere assoluto e poi ancora un lampo di durata infinitesimale, lo stesso uomo disteso su di me con il suo pene puntato dritto verso quella mia bollente apertura. La percepii quasi fisicamente quest’ultima immagine, riuscii a sentire entrare il suo membro caldo e poi tutto, ancora una volta, svanì nel nulla. Con le dita dentro ancora a entrare e uscire ritmicamente, iniziai a darmi nuovamente piacere, da lì a poco mi resi conto di non capire bene cosa mi stesse succedendo, fu per me una nuova emozione e questa volta non ebbi bisogno di nessuna immagine virtuale, mi bastarono le dita della mia mano per portarmi finalmente in paradiso. Dopo, ero talmente sconvolta, con il fiato corto che mi faceva martellare fortemente il cuore nelle orecchie, che credetti di svenire, ebbi paura di quanto mi era appena successo. Respirai lentamente cercando di recuperare il normale battito cardiaco e dopo alcuni lunghissimi minuti ci riuscii. L’orgasmo, dopo tre anni senza, eccolo arrivato, bellissimo, fantastico, impagabile, incantevole e straordinario orgasmo!!
Presi un fazzoletto e mi asciugai la patatina, strofinai ma senza risultati apprezzabili la pozzetta di umido che si era formata sul lenzuolo, unica testimonianza evidente del mio infinito piacere e mi apprestai ad alzarmi dal letto. Indossai un vestito leggero abbottonato sul davanti e uscii dalla mia camera, mi accorsi solo in quel momento che in casa non c’era nessuno, volli approfittare di questa libertà ed essendo bella riposata, decisi di farmi un giro per ‘visitare’ quella che era la mia nuovissima abitazione. Uscii all’esterno da una grande porta a vetri scorrevole sita in salone. La villa era interamente distribuita su un solo piano, recintata e attorniata da un grande giardino molto curato. Sempre nella parte esterna, sulla sinistra un viottolo lastricato in pietra, conduceva ai box auto, mentre sulla destra un largo marciapiedi piastrellato in cotto smaltato, portava sulla parte posteriore della villa. Fui molto sorpresa nel vedere, sul retro, la grande piscina a forma di ‘esse’ incassata nel terreno a filo di prato e tutto attorno, distribuiti qua e là, le relative sdraio corredate da ombrelloni in tinta unita azzurro chiaro. Rientrai e continuai il mio giro turistico, a parte lo spazioso corridoio di ingresso, la mia camera, il grande salone, la cucina e i servizi igienici comuni, di tutto il resto non avevo ancora visto nulla e così visitai lo studio, che doveva essere stato di mio marito, la camera per gli ospiti con il bagno incorporato, un grande ripostiglio e in fondo all’andito una di fronte all’altra le camere dei ragazzi. Le due stanza denunciavano chiaramente la loro appartenenza; quella di Massimiliano più sbarazzina, disordinata, con libri e dischi sparsi qua e là, il letto sfatto, le mutande e i calzini sporchi abbandonati sul tappeto scendiletto, il pc spento con a fianco un cestino per la carta mezzo colmo di fazzolettini igienici appallottolati. La camera di Alberto invece, era leggermente più ordinata o se vogliamo, meno disordinata di quella di suo fratello. Anche qui, appoggiato contro il muro di destra, il tavolo con il computer, ma con la webcam collegata e piazzata su un monitor gigantesco, il letto sfatto, ma nessun segno di mutande o di calzini sporchi, uno mobile antico tipo libreria, conteneva su un paio di ripiani effettivamente dei libri, mentre sui cinque altri rimanenti vi erano alcune macchine fotografiche, tre videocamere, due delle quali digitali e un’altra del tipo professionale corredata da teleobiettivo. Una scatola conteneva filtri per fotografie e ammennicoli vari. Infine su un’altra mensola due webcam e delle strane cose che parevano essere degli spioncini tipo quelli che si piazzano sulle porte d’ingresso delle case. Stavo per uscire quando mi accorsi che un led rosso, nell’angolo alto, vicino al soffitto alla mia destra, lampeggiava. Una micro telecamera si muoveva seguendo i miei movimenti. Mi spostai ancora all’interno della stanza e vidi che l’occhio indiscreto mi seguiva passo, passo. Uscii e pensierosa ritornai in cucina apprestandomi a preparare la cena per la mia ‘nuova famiglia’. Mentre lavoravo, mi venne un dubbio atroce, non è che ci sono telecamere in tutte le stanze? Guardai in alto e la individuai, su, in alto, proprio di fronte a me, l’occhio spione mi seguiva attentamente. Allora ripercorsi tutto il tragitto fatto durante le mia visita e constatai che tutta la casa era ‘protetta’ da telecamere a circuito chiuso. Un pensiero però mi tranquillizzò, pensai che molto probabilmente il tutto fosse collegato ad un impianto antifurto e che certamente non era stato messo lì a bell’apposta per me. La mia paura era che i miei figli mi potessero vedere mentre, nuda sul letto in camera mia, mi toccavo e tutto il resto. Verso le venti puntuali arrivarono quasi assieme le mie due splendide creature. Mangiammo e dentro di me mi rallegrai per l’atmosfera che si stava creando tra di noi. Si vedeva che per loro io ero importante e mi dimostravano in mille modi il loro affetto e la loro disponibilità per qualsiasi cosa io avessi bisogno. Rimanemmo ancora parecchio tempo a chiacchierare, sorbendoci un buon caffè e poi anche un paio di bicchierini di ‘Limoncello’ fresco che mi rese alquanto allegra e ciarliera. Ci spostammo poi in salone, sedendoci sulle poltrone in pelle nera e continuammo a ripercorrere la mia e la loro vita. Il corso di aggiornamento continuò fino a tarda sera, poi loro decisero di andare a dormire. Io pensai di rimanere sveglia ancora un po’, avevo dormito alcune ore nel pomeriggio e questo aveva fatto si che il sonno se ne fosse andato. Forse, caratterialmente, prima dell’incidente, ero una perfezionista; pensai a questo per il semplice motivo che in quella serata idilliaca, stavo rimuginando e arrovellandomi il cervello, per una bazzecola da niente.
Ecco, la bazzecola era, che poco prima, seduti in poltrona uno di fronte all’altro, avevo notato in diverse occasioni che il mio bambino Alberto, mi guardava insistentemente le cosce che il corto vestito lasciava largamente scoperte. Mah, va beh, ero sua madre, magari era stato un caso, forse mi stavo fissando su cose che in effetti non esistevano!! Abbandonai i miei pensieri strampalati e mi alzai per andare in bagno e mentre percorrevo il corridoio riflettevo sul motivo per il quale il bagno era stato progettato così lontano dalla parte più vissuta della casa, se a qualcuno scappava, avrebbe avuto tutto il tempo per farsela addosso. Mi sedetti finalmente sul water e liberai il getto della mia pipì. Mi sciacquai diligentemente e uscii, mentre passavo udii provenire dalla camera di Alberto come una specie di gemito, la curiosità è donna e quindi spiai dal buco della serratura. Sul mega schermo del pc scorrevano delle immagini, vedevo Alberto seduto di profilo nudo con il suo bel randello in mano che si masturbava. Guardai meglio le immagini e per poco non mi venne un colpo apoplettico, ero io nuda sul letto con le mani fra le cosce aperte mentre, dopo tre anni, mi facevo il mio primo ditalino. Sentivo le gote del mio viso bollenti, le gambe e anche le mani mi tremavano convulsamente, mi sollevai stordita e mi fiondai in camera mia, chiusi la porta a chiave e rimasi addossata con le spalle contro la porta. Febbrilmente mi spogliai e mi buttai sul letto infilandomi sotto le lenzuola a pancia in giù, con il capo appoggiato al cuscino piansi a dirotto singhiozzando convulsamente in modo incontrollabile. Era terribile ciò che avevo visto, il mio ragazzo che si masturbava guardando sua madre nuda. Un po’ per volta, per dar ragione a chi dice che ‘ogni scarafone è bello a mamma sua’ tentai di giustificarlo, in fondo io ero scomparsa per ben tre anni, certo non era stata colpa mia, ma comunque il giovane si era trovato improvvisamente, ancora minorenne, senza un padre e senza una madre. Un buco educativo di tre anni, specie a quella età, era stato sicuramente, una grave lacuna alla quale io ora, ero portata ad ovviare. Mi sentivo anche un po’ lusingata dal fatto che un giovanotto appena ventenne si eccitasse a guardare me nuda. A questo punto dei miei pensieri decisi di alzarmi e sferrare una semplicissima contromossa. Mi avvolsi con il lenzuolo e mi alzai dal letto, quindi presi dall’armadio una gonna invernale nera, salii su una sedia e quindi sul tavolo, la videocamera era lì a portata di mano, gli agganciai la gonna coprendola e oscurandola in modo che il mio figliolo non avesse più la possibilità di vedere nulla. Davanti allo specchio dell’armadio, lasciai cadere a terra il lenzuolo e rimirai a lungo il mio corpo. A quarantadue anni non ero poi così male, il viso, anche se denunciava qualche piccola ruga abbastanza evidente, era comunque ancora accettabile, i capelli corti color castano chiaro originale e gli occhi azzurri mi davano davvero un aspetto birichino, la bocca anche senza rossetto era sufficientemente carnosa, il collo con qualche piccola grinza non mi piacque molto, poi fissai il mio sguardo sulle mie tette, erano ancora sode e sollevate pur portando una quarta misura di reggiseno, la pelle del ventre liscia e tesa, senza un filo di pancia, i fianchi pieni ma non opulenti, il pube ricoperto da una folta peluria riccia e scura. Anche le cosce, che tanto il mio Alberto aveva guardato durante quella sera, erano toniche e ben tornite, le ginocchia erano piccole e puntute, i polpacci pieni ma filiformi allo stesso tempo; insomma globalmente la mia figura era ancora piacevole alla vista. Mi girai per vedere com’era la situazione sul lato opposto e vidi due chiappe importanti, senza cellulite, un po’ separate fra loro, esse formavano due emisferi pieni che sicuramente invitavano ad essere sculacciate.
Chissà se mio marito ogni tanto mi assestava qualche sberla sulle natiche? Mah, il buio era totale e impenetrabile. Dopo questo attento esame, compresi meglio l’eccitazione di mio figlio vedendomi nuda e per di più in atteggiamenti osceni e lascivi. In fondo era poco più che un ragazzino, beh, ragazzino non proprio, aveva un bel pisellone il giovanotto, chissà se anche suo padre”..
Mi ributtai sul letto e i miei pensieri si inabissarono nel sonno profondo che mi colse accompagnandomi serenamente fino al risveglio. Mi destai, guardai l’ora sulla sveglietta posta sul mio comodino e vidi che erano appena le otto, dovevo però fare la pipì, quindi, ancora parecchio insonnolita, indossai l’impalpabile vestaglietta rosa e andai in bagno, mi sedetti sulla tazza e finalmente liberai la mia pienissima vescica, poi iniziai a fare tutte le mie varie abluzioni, quindi finalmente sveglia e rinvigorita, andai in cucina. In casa il massimo silenzio, già, era domenica, per cui i ragazzi sicuramente avrebbero approfittato per dormire fino a tardi. Presi un sacrosanto caffè e mangiai un paio di biscotti, poi iniziai ad affaccendarmi in cucina. Iniziai a sentire rumori verso le undici e difatti Massimiliano uscì in mutande dalla sua camera e ad occhi chiusi, tragicamente insonnolito, a tentoni riuscì ad infilare la porta del bagno. Vi rimase almeno mezzora poi il mio sbarbatello diciottenne mi venne a salutare, mi strinse a se e mi baciò sulle guance affettuosamente. Lo feci sedere e gli servii il caffè e lui lo bevve con molto gusto. Le mie origini napoletane mi avevano trasmesso la capacità di fare un buon caffè e quindi’.. Pensai ad Alberto, per lui la sveglia fisiologica sarebbe suonata più tardi, aveva dovuto trastullarsi con il suo rigido compare e perciò si era potuto addormentare almeno un’ora più tardi di quanto non avesse fatto suo fratello! Difatti verso mezzogiorno il segaiolo uscì dalla camera e anche lui fece il suo ingresso in bagno. Fu più rapido di Massimiliano e dopo un po’ trascinando le ciabatte sul pavimento mi venne vicino e mi baciò superficialmente senza abbracciarmi.
Sorbì il suo caffè e se ne tornò in camera, lo lasciai qualche minuto da solo e poi lo seguii. Aprii la porta e vidi lui seduto davanti al pc, fu colto di sorpresa ed ebbe una specie di sussulto, smanettò con il mouse per chiudere la videata ma non fu troppo veloce ed io riuscii a scorgere chiaramente ciò che stava vedendo. Chiusi a chiave la porta e mi avvicinai a lui, gli accarezzai una spalla appoggiandomi sulla clavicola, lui mi guardò un po’ di sottecchi e con gli occhi bassi mi chiese perché stavo lì. Presi il toro per le corna e glielo spiegai, partii dal mio ditalino fino ad arrivare alla sua sega e a quello che, ancora con me come interprete principale, stava vedendo in quel momento. Anche lui mi parlò, iniziando però dalla sua infanzia, mi sciorinò un sacco di implicazioni psicologiche che si erano poi ampliate a dismisura durante il periodo in cui io ero rimasta assente. Mi confessò che lui di me era stato da sempre innamorato, sia come mamma, e purtroppo anche come donna. Mentre mi parlava sbirciava insistentemente la mia vestaglietta trasparente che gli mostrava appena, appena sfocato il mio peloso monte di venere.
Per qualche istante, non riuscii a guardarlo negli occhi e il mio sguardo attratto come da una forte calamita, cadde inevitabilmente sul bozzo cilindrico che si estendeva nelle mutande puntando verso sinistra. Lui, rimanendo seduto, mi prese la mano destra e mi attirò a se, le sue braccia attorno alla mia vita, le mani appoggiate sul mio sedere, vidi spuntare dall’elastico degli slip una piccola porzione della sua cappella. Un bel ragazzo, a me sconosciuto fino a due giorni prima, mi stava toccando, le sue mani scesero lungo la parte posteriore delle mie cosce, poi si insinuarono sotto la vestaglia e risalirono ad avvolgermi le natiche, me le accarezzò e poi le separò, le dita scivolarono a titillare la mia rosetta anale, poi le sue mani risalirono e mi accarezzarono i fianchi, ancora più in alto e si soffermarono sui seni che ormai denunciavano chiaramente il mio stato di estrema eccitazione. Mi sfiorò a lungo i capezzoli quindi si alzò in piedi e senza rovinare il magico momento, mi sfilò dal capo l’unico mio indumento, ero nuda davanti a lui, contro di lui, sentivo la sua prepotente virilità premere contro il ventre, il mio desiderio era al culmine, lui senza mai staccare il contatto fisico, con una sola mano si abbassò gli slip, muovendo le gambe li fece scendere fino alle caviglie e quindi le scalciò lontano.
Non mi rammentavo nulla della mia vita passata e questa emozione per me era totalmente nuova, lo attrassi fortemente contro di me, anche le mia mani si mossero ad accarezzargli la schiena, la percorsi anche con le unghie e lui la inarcò emettendo un sensualissimo gemito di piacere. Le sue mani scesero ancora giù per i fianchi e poi lui, si accucciò davanti a me, mi fece divaricare le gambe e la sua lingua fu fra le mie cosce a lambire la mia più intima intimità. Mentre me la leccava, tese le braccia in alto ed afferrò ancora le mie turgide tette, si impadronì con i polpastrelli dei capezzoli e me li strinse dolcemente. Percepii diffusamente che l’eccitazione si stava propagando in tutto il mio corpo. Lui smise di sfiorarmi la figa con la lingua e si alzò ancora in piedi. Mise la sua mano destra sotto la mia coscia sinistra e me la sollevò contro il suo fianco. Sentii il suo cazzo infilarsi fra le gambe e poi lui abilmente lo guidò all’interno della mia bagnatissima cavità. Pensai di morire veramente, non mi ricordavo nulla di simile, il sentire quella durissima carne bollente penetrare in me, fu una sensazione semplicemente paradisiaca, lui muoveva il suo bacino spingendo verso l’alto e piantandomelo tutto dentro, ad ogni colpo io gemevo fortemente cercando di muovermi all’unisono con lui. Stavo nuovamente imparando cosa fare e come muovermi durante un rapporto sessuale. Mio figlio mi stava facendo fare un corso super accelerato sulla scopata da in piedi. Mentre mi scopava, contorcendosi un po’ riuscì ad applicare la sua bocca come una ventosa sulla mia tetta sinistra. Fu per me la svolta definitiva, sentii arrivare l’orgasmo che, come un fulmine a ciel sereno, mi colpì e mi tramortì; fra le sue braccia mi muovevo a scatti, come un fantoccio disarticolato e nel momento stesso in cui le mie convulsioni terminarono, sentii un torrente impetuoso di lava bollente inondarmi in profondità la vagina, lui sussultando, rimase ancora un po’ dentro di me, stringendomi a se, quasi come se volesse stritolarmi, poi lasciò che appoggiassi la gamba a terra e si sedette sulla sedia con il cazzo ancora gocciolante. Dalla figa sentivo colare liquidi vari che scendevano lungo le cosce, io, riconoscente, lo baciai affettuosamente sulla fronte e quindi mi infilai la vestaglia e mi avviai per uscire dalla camera. Mi voltai indietro ancora una volta e lo vidi pulirsi coscienziosamente la cappella con un fazzolettino di carta.
Era stato incesto, ma non un semplice violento e inutile incesto, era stato un dolce, fantastico e appassionato incesto. A giustificare in qualche modo me e lui era stato anche l’amore di due sconosciuti amanti, di due esseri che si erano attratti vicendevolmente, di due corpi desiderosi uno dell’altro. Aveva vinto la passione incontrollata che aveva superato tabù e regole morali esistenti nel mondo da antichissima data.
Pensai, ma Adamo ed Eva come avrebbero potuto popolare il mondo se i loro figli non si fossero accoppiati fra di loro? Oppure, era stato Adamo a scopare con una delle sue figlie? Potrebbe anche essere che la porca di Eva si fosse fatta trombare da uno dei suoi figli !!!! Il mondo e naturalmente ognuno di noi, benpensanti e non, deriva da un incesto, che lo si voglia o no, quindi’.. meditate gente, meditate”..
Buon sesso a tutti da parte di Ombrachecammina
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